Come tutti noi amanti del calcio, il Napoli almeno può aggrapparsi ora a una speranza. Completare il campionato entro l’estate, in modo da poter chiudere in qualche modo e salvare ciò che resta di questa incredibile stagione. In un modo o nell’altro.

Certo, parliamo solo di una speranza, nulla di più. Perché nulla si può prevedere, per non dire programmare, con un minimo di credibilità. Restando nel piccolo mondo del pallone, per il Napoli c’è anche da dribblare una beffa nello sconcerto di questo cataclisma. Per esplicita ammissione del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, in questo momento si rischia di non parlare più della Coppa Italia 2019-2020. E’ spuntata un’ipotesi su fine giugno, ma appesa a un esilissimo filo e comunque in subordine a campionato e coppe europee. Per gli azzurri, quindi, il rischio concreto di veder sfumare l’unica possibilità di legare questa stagione a un trofeo e a un bel ricordo.

Senza combattere battaglie irragionevoli o, peggio, evitando accuratamente di apparire concentrati solo ai propri interessi, resta legittimo da parte del Napoli, come di Inter, Milan e Juventus, provare a difendere anche questa competizione. Se il principio è quello di salvare campionati nazionali e coppe continentali, uno sforzo può e deve essere fatto anche per le coppe nazionali. Che per una volta il calcio impari dall’emergenza e fino in fondo.

Si potrà pur sacrificare qualche insulso torneo estivo in Asia, per fare un esempio, pur di trovare qualche data per disputare e concludere il torneo. Magari, perché no, con la già ventilata ipotesi della Final Four, che potrebbe risultare anche un’idea interessante e vendibile per il futuro.

Mentre gli azzurri e i tifosi aspettano, c’è un aspetto che dà forza e ricorda a tutti noi quanto questo sport riesca a regalarci evasione, gioia, ma in definitiva calore umano. E la prova arriva, scelgo lui come testimonial, da un ragazzo incidentalmente nato in Belgio, che sembra aver trovato a Napoli la sua dimensione definitiva. Perché se tantissime persone si stanno dando forza, in queste ore, condividendo il video di Dries Mertens che canta “Abbracciame“, vuol dire che Ciro si è impiantato sottopelle in questa città. Non solo lui, per carità, il capitano Insigne che dirige il coro dei tifosi dal proprio balcone è un’immagine che ha fatto il giro del paese. Mertens, però, sembra essere toccato da quel dono naturale di farsi sentire vicino dalle persone. Non è qualcosa che puoi costruire, programmare. Puoi soltanto viverlo.

Così, fra un allenamento con un bottiglione di vino sul terrazzo, sullo sfondo struggente del Golfo, e una cantata sul lettino dei massaggi, il simbolo della resistenza calcistica napoletana a questo uragano è sempre di più lui, Ciro Mertens.