Con la Roma che è un cantiere aperto, ed una proprietà che, sin dall’insediamento, si è trincerata dietro un silenzio vigile, optando per il basso profilo, a catalizzare l’attenzione è ancora lui: José Mourinho. Gli è stata tributata l’accoglienza di un imperatore: in questi giorni abbiamo assistito tutti alle immagini dei tifosi in tripudio all’aeroporto e davanti ai cancelli di Trigoria. E se non bastasse, abbiamo visto anche il tecnico portoghese scorrazzare per il centro sportivo in sella ad una vespa, imprimendo così “vita” concreta al celebre murales che gli era stato dedicato dopo l’ufficialità del suo arrivo.

Vi confesso, dunque, che aspettavo con trepidazione la prima conferenza stampa del nuovo allenatore della Roma. Consapevole, come molti, che ascoltarlo non solo non avrebbe annoiato, ma anzi, avrebbe offerto numerosi spunti d’interesse. Così è stato e li vado subito ad analizzare con voi. Partiamo dall’approccio con la stampa: non è parso un Mou “glaciale”, ma nemmeno troppo accomodante. Ci ha tenuto subito a chiarire che non saranno tollerate ingerenze dei giornalisti nei rapporti fra sé e lo spogliatoio o la società.

Pertanto, domande del tipo “Cosa vi siete detti?” o “Cosa è successo in quel frangente?” saranno sistematicamente ignorate. Un modo come un altro per far sapere quanto sia ermetico su certi argomenti, e poco incline ad assecondare le indiscrezioni sui cui di solito la stampa si getta a capofitto. Non le manda a dire, Mourinho, nemmeno quando afferma che ci sono alcuni allenatori, nella storia dei club, per i quali non sono ammessi paragoni.

E se a noi poco importa che nessun tecnico dell’Inter potrà mai essere comparato allo stesso Josè o a Helenio Herrera, ci interessa senz’altro più da vicino che nessun allenatore della Roma potrà mai essere accostato al “Barone” Liedholm o a Fabio Capello. Quanto al rapporto con i tifosi, sin dal giorno del suo ingaggio, Mourinho ha palesemente adottato una strategia comunicativa mirata ad arrivare dritta al cuore dei tifosi. Ecco perché, in maniera scaltra ma non per questo insincera, ci ha tenuto a ringraziare tutti i giallorossi per la calorosissima accoglienza che gli hanno riservato, lodando senza mezzi termini il loro forte senso di appartenenza al club.

Ha persino declamato una frase di Marco Aurelio, la cui statua celebrativa si trovava distante pochi metri, per spiegare perché abbia scelto di allenare la Roma: “Nulla viene dal nulla, come nulla ritorna nel nulla” (sbirciando, però, questo va detto, nel foglio in cui era stata trascritta, visto che non la ricordava bene a memoria).

Ma il jackpot lo ha conquistato con un’altra uscita: “Questa non è la Roma di Mourinho, è la Roma dei tifosi”. Avveduto, il coach. Sapeva bene che con un proclama del genere si sarebbe subito ingraziato la benevolenza dei romanisti per un bel po’. D’altronde, pur essendo spesso contrariati e lamentosi, restiamo una delle tifoserie più romantiche e passionali del mondo. Attenzione, tuttavia, a non abusare della pazienza della piazza, a non prenderla in giro: se ferita, infatti, può fare altrettanto male.

Ma l’oratore Mourinho ha pensato anche a questo, professando cautela nello snocciolare eventuali obiettivi, e dichiarando apertamente che ”è stato avviato un progetto” e ”ci vorrà del tempo per vincere qualcosa, dal momento che la società punta ad un futuro solido e duraturo, non a vittorie isolate”. Quindi? In sostanza, l’ex tecnico del Tottenham sta chiedendo a tutti di avere pazienza, ancora una volta. Perché se è vero che nel calcio non esistono limiti alle sorprese, e un “titulo” (pardon, titolo) potrebbe anche arrivare subito, questa non può comunque essere considerata una priorità per il solo avvento dello Special One. Tutto chiaro.

Peccato però, perché, senza girarci troppo intorno, sentir parlare di trofei è proprio ciò che il tifoso auspicava con un tecnico di tale caratura in panchina. La prima cosa a cui si pensa è che con i grandi allenatori non ci sia bisogno di attendere troppo prima di rimpinguare la bacheca. Un po’ come la parabola di Conte all’Inter. Meglio non farsi troppe illusioni, allora, purché non ci venga tolto anche il diritto di sognare. Quello no, per favore. Non succede, ma se succede…