Di Alfredo Pedullà
27 Ottobre 2020
Ci vuole sentimento, tanto sentimento: Alvaro Morata ce l’ha. Usciamo per un minuto dagli aspetti tecnici e contrattuali, ci torneremo. Un aspetto importante, forse il più importante, è quel senso di appartenenza che ha messo la Juve nelle condizioni di sciogliere le riserve. E l’approccio di Alvaro è stato quello di un ragazzino felice che non vedeva l’ora di tornare a casa. Già, perché la Juve è sempre stata casa sua, Morata lo disse quando fu costretto a fare la valigia, non l’ha mai rinnegato. E ora ha ripristinato quella situazione con la felicità di chi fremeva dalla voglia di tornare. Le immagini del suo sbarco a Torino erano talmente chiare, entusiasmo e sorrisi, che non c’era bisogno di approfondire.
Non c’è miglior situazione di cambiare “casa” e di non vedere l’ora. Alvaro si era riscaldato con la fantasia, pochi allenamenti a disposizione, molti allenamenti senza i nazionali, la tegola Cristiano Ronaldo alla prese con il Covid che lo ha responsabilizzato ancora di più. Le prime due recite hanno mischiato le carte e lo hanno esaltato: Morata non è una prima punta classica, si adatta con rendimento, non è un finalizzatore da 30 gol a stagione ma va comunque in doppia cifra. Alla luce di questi numeri, e i numeri sono sempre sentenze, ci si poteva aspettare una partenza soft. Invece, lui ha stupito, sulle ali di quel famoso entusiasmo che ti porta a dare il massimo più uno. Micidiale nel debutto a Crotone: un gol, un altro annullato per questione di millimetri e un palo con una giocata da fuoriclasse assoluto. Strepitoso nell’esordio a Kiev, Morata aspettava la Champions con una fame arretrata da vecchio specialista: doppietta al massimo del repertorio, da prima punta classica che non è, di rapina e con il tempismo necessario. Poco importa che sia rimasto all’asciutto contro il Verona: quel gol in pallonetto annullato per millimetri resta una fotografia bellissima.
Torniamo al famoso discorso dell’entusiasmo e della voglia: quando giri a mille, salti gli ostacoli e diventi prima punta classica anche se non lo sei. Andate in archivio e controllate le dichiarazioni, si capisce bene che il mondo cambia in cinque minuti. Quando Alvaro lasciò il Chelsea, dove non aveva molto spazio, per tornare a Madrid sponda Atletico, l’idea era quella di mettere le tende lì. Se non per tutta la carriera, di sicuro a lungo. Poi, i famosi cinque minuti, negli schemi del Cholo Simeone diventa utile ma non insostituibile e l’avvento di Luis Suarez gli fa capire che il ritorno a casa, la Juve appunto, sarebbe stata una necessità per non riscaldare una panchina. Infatti, Morata si era portato molto avanti con il lavoro, aveva trascorso le vacanze in Italia con la sua dolce Alice, avvistato tra Capri e Ischia come se la Juve fosse già un mezzo segnale. E proprio in quei giorni Paratici ha acceso i motori, tra una storia complicata come quella di Suarez (leggi passaporto) e il naufragio di una trattativa che sembrava a dieci metri dal traguardo, Dzeko bianconero e Milik alla Roma. Naufragio, appunto, e la necessità di rimescolare le carte.
L’obiezione tiene, tuttavia non diventerà mai un problema per Morata. Questa è l’obiezione, inutile girarci troppo o far finta di nulla: Alvaro non era la prima scelta della Juve, neanche la seconda e forse neanche la terza. E poco importa che Paratici si sforzi di dire il contrario, non potrebbe fare diversamente. Il nome di Morata campeggiava in una lista, non in cima, comunque in bella evidenza. È come quando pensi di andare alle Maldive oppure alle Seychelles, non disdegneresti le Mauritius, invece ti ritrovi all’improvviso in Costa Smeralda. Bellissimi posti, ci mancherebbe, il paradiso all’improvviso, ma non esattamente il programma che pensavi di poter rispettare. Morata è stato bravo, molto bravo, a recepire il seguente messaggio: non sarò la primissima scelta, però mi vogliono perché mi conoscono e sanno che posso dare un contributo enorme. La scorciatoia migliore per diventare subito operativo e competitivo come il ragazzo spagnolo ha fatto.
Se vogliamo, è anche un’operazione conveniente dal punto di vista economico. Prestito molto oneroso con diritto di riscatto, ma quando il prestito è molto oneroso (10 milioni, altri 45 per assicurarsi il cartellino, con pagamento in tre esercizi) funziona come se fosse un acquisto a titolo definitivo: nessuno butterebbe dalla finestra 10 milioni per poi rinunciare al famoso riscatto. Un po’ quanto farà il Milan con Sandro Tonali, le formule “pagherò” a lungo respiro sono inevitabili per il momento difficilissimo che stiamo vivendo. La Juve ha anche un’altra, possibile, opzione da sfruttare: procedere al rinnovo del prestito in vista della prossima stagione, altri 10 milioni sul tavolo, poi ne resterebbero altri 35 da pagare e sempre in tre esercizi. Una formula conveniente per non gravare sul bilancio e per mettere a disposizione di Andrea Pirlo un attaccante vero, integro, motivatissimo.
Poi c’è l’aspetto tattico e ci dovremo ragionare, pur non essendo di nostra competenza. Morata furoreggia oggi che non c’è Ronaldo, comunque segnalato al rientro. Potrebbe farlo anche in presenza di Cristiano, pur non essendo un centravanti alla Dzeko, non a caso la prima scelta. Il quesito si impone quando Dybala tornerà a pieno regime, ormai ci siamo, a quel punto toccherà a Pirlo e alle sue intuizioni. Ronaldo più Morata più Dybala più Kulusevski più Chiesa: sarebbe affascinante, molto affascinante, ma gli equilibri potrebbero andare a farsi strabenedire? Quindi, bisognerà agire con scelte secche e magari senza fare sconti, qualcuno metterà sicuramente il broncio e Dybala si intristisce non poco quando deve riscaldare a lungo una panchina. Ma in fondo chi non lo farebbe?.
C’è però una chiave che sblocca anche un simile rebus: in una stagione lunga, molto lunga, le rotazioni saranno necessarie e forse indispensabili. Alvaro il bravo ragazzo saprà accettare tutto, si sentirebbe in ogni caso coinvolto. Torniamo al famoso entusiasmo e alle motivazioni, ingredienti fondamentali che Morata ha messo negli scatoloni del trasloco da Madrid a Torino, non è poco. Anzi, spesso è tutto.
Giornalista e opinionista sportivo, grande esperto di calciomercato in Italia. "È un privilegio quando passione e lavoro coincidono".