Trentasei anni dopo, un altro numero 10, un altro giocatore argentino senza uguali al mondo, vuole fuggire da Barcellona. Incredibile come, per certi aspetti, sembri ripetersi una storia, con sfondo il gloriosissimo club Catalano. Detto questo, le differenze sono gigantesche: quando Diego Armando Maradona decise di scappar via dal Barça, non aveva  vinto praticamente nulla e doveva ancora consolidare il suo mito. Oggi, Leo Messi è da 10 anni il giocatore più forte della terra e proprio con il club ha vinto tutto ciò che è umanamente possibile, mancando quei trionfi in maglia albiceleste, che invece consegnarono il suo ingombrante predecessore alla storia e poi alla leggenda del calcio.

Una fuga, però, è pur sempre una fuga. Un distacco traumatico da un nido che nessuno avrebbe potuto mai immaginare soffocante per la pulce. Dove potrà riparare il fenomenale giocatore argentino, in questa complessa, tarda estate del 2020?

La domanda è allo stesso tempo banale e di difficilissima risposta. Semplice, perché nel calcio di inizio III millennio – altra grande differenza con la leggendaria e naïf trattativa Napoli-Maradona – sono non più di due o tre le possibili destinazioni. O scendono in campo gli sceicchi o un colossale gruppo cinese decide di giocare l’All In su di lui. Rosa ristrettissima, dunque, ma variabili molteplici e qui il gioco si fa complicato. I primi a sognare sono stati gli interisti, più sull’onda di segnali social e mosse familiari del clan-Messi, che per reali iniziative di Suning. Quando Leo è uscito  per la prima volta allo scoperto, è stato il Manchester City a dare la sensazione di muoversi con più decisione. Pesa e potrebbe pesare sempre di più l’antico rapporto fra il fuoriclasse e Pep Guardiola, qualcosa che va ben oltre la stima allenatore-giocatore.

Pensiamoci un attimo: Pep, chiusa l’irripetibile parentesi blaugrana, ha vinto molto a livello nazionale, ma clamorosamente mancato l’appuntamento con la Champions League, vera cartina di tornasole del suo tocco magico. Gli sceicchi del City potrebbero concedergli ob torto collo (i contratti di uno come Guardiola sono macigni) un’ultima chance. Il matrimonio con Messi potrebbe risultare la mossa finale, per conquistare quella maledetta coppa, che altri club continuano a vincere investendo anche molto meno. Si sa, le gelosie fra gli ultra ricchi possono generare effetti imprevedibili. Dunque, non ce la sentiremmo di escludere colpi di teatro anche del Paris Saint-Germain, ancor di più oggi che il FairPlay finanziario sembra essere stato definitivamente smascherato come colossale bluff. Ironia della sorte, proprio attraverso le vicende del City. L’Inter sembra restare alla finestra, come tutto il calcio italiano, che ha sperimentato con la Juventus e Cristiano Ronaldo quanto sia produttivo, ma anche rischioso un investimento di questa portata. Mancando il bersaglio grosso, la solita Champions League, un giocatore da 100 milioni di euro all’anno diventa una prigione dorata per le finanze dei club di casa nostra, anche i pochissimi di portata internazionale.

Resta, infine, un’ultima possibilità: Barcellona. La capitale catalana è pur sempre casa sua, la patria di elezione di Messi. Dovessero lui, la squadra e la piazza ottenere la testa dell’ormai odiatissimo presidente Bartomeu, l’argentino avrebbe ottenuto il principale risultato, dopo aver minacciato l’impensabile rottura.

Non diamo per scontato l’addio, non siamo più nel 1984.