E’ indiscutibilmente un calciomercato anomalo, compresso tra la fine di una stagione, considerata la più atipica dal periodo della seconda guerra mondiale, e l’inizio quasi immediato dell’altra.
La singolarità di questo 2020 viene però percepita in modo bivalente dai tifosi. Da una parte c’è l’accettazione, mista alla preoccupazione per la crisi acclarata per il covid, la comprensione verso le parole di Marotta: “Sarà un mercato di scambi” e persino di Agnelli in qualità del presidente dell’ECA: “”Ci sono molti club a rischio, parliamo di 4 miliardi di ricavi in meno”.

Dall’altra queste parole vengono prontamente dimenticate, perché si pretende il grande acquisto, l’investimento, la spesa, come se la crisi appartenesse ad un mondo che non ci riguarda.
In effetti aver visto sventolato Messi, tra le pagine dei giornali e la televisione del gruppo Suning, come realtà possibile e pianificato Tonali con un investimento che avrebbe dovuto aggirarsi intorno ai 35 milioni, dopo aver preso Hakimi, costato 40, sembrava preludere ad un mercato più simile a quello del Chelsea (220 milioni spesi in questa sessione, caso unico), che a quello uniformato al resto d’Europa.

Il sentimento dei tifosi oggi va verso l’osservazione critica delle mosse di mercato perché la squadra sta diventando sempre più muscolare e robusta, disponendosi a esaltare una rosa che verrà sfruttata, come non è mai accaduto prima, in tutte le sue componenti.

Il calendario fittissimo e ravvicinato nelle gare, con le cinque sostituzioni, porterà a fare numerosi cambi di formazione e variare le titolarità che, al di fuori di Handanovic, De Vrij e Lukaku, saranno più liquide.

L’Inter ha inglobato due esterni di grande spessore e si prepara ad accogliere Vidal, dopo aver salutato Borja Valero e Biraghi. Si cerca una squadra a Joao Mario e Vecino, così come per Esposito, ma ha suscitato parecchie perplessità la decisione di rinunciare a Godin.

Il mercato nerazzurro dunque stagna temporaneamente, anche per il mancato riscatto di Perisic che oggi è il possibile quarto attaccante, anche se non è esattamente quello che vuole Conte, così come per la riacquisizione di Nainggolan, trattenuto anche in caso di spiacevoli sorprese, qualora Vidal saltasse all’ultimo minuto o forse anche per una suggestione come quella di provare a far convivere il belga con il cileno.

In tutto questo il giocatore che ha sempre meno spazio, guardando ai movimenti, è ancora una volta Eriksen. Andrebbe compreso quale sia stato il vero motivo per cui la società (ma anche l’allenatore che non era così contrario come è stato raccontato), abbia deciso di prendere una figura tanto importante in un ruolo chiave, per poi congelarlo in panchina ed escluderlo tatticamente anche dal nuovo progetto. La nuova squadra è in costruzione con l’obbligo del 3-5-2 e con il recupero di Sensi, la presenza di Brozovic (anche se si tenta di prendere Kantè), l’arrivo di Vidal e la permanenza di Nainggolan, per Eriksen la cessione è praticamente scontata. È l’ennesimo caso della storia nerazzurra in cui un giocatore di qualità viene venduto o non trattenuto. E’ accaduto troppo spesso che un allenatore imponesse le sue idee, senza che la società sapesse mediare tra le sue e quelle del tecnico. Certo Conte è un iracondo, bravo, bravissimo ma irrigidito nelle sue idee, con il quale il compromesso è praticamente impossibile, ma resta un denominatore comune con l’Inter che tra Cuper e Ronaldo scelse il primo, tra Baggio e Lippi pure, con Tardelli si scelse di lasciar andare via Pirlo, con Hodgson invece Roberto Carlos.

Oggi con Conte si è rinunciato a Tonali e si assiste all’emarginazione di Eriksen. Se alla fine della stagione Conte dovesse vincere lo scudetto naturalmente tutti sarebbero contenti ma va anche guardata la prospettiva e l’ipotesi contraria, qualora non dovesse farcela. In quel caso l’Inter avrebbe disperso un greggio di talento, non più recuperabile nell’oceano, tuttavia, per citare un film di Woody Allen: basta che funzioni.