Tra le diverse ricostruzioni dell’ultimo anno nerazzurro e i fatti c’è un oceano di interessi personali, di acque portate ai propri mulini e verità strumentali, a volte semplicemente impaurite, altre invece volontariamente capziose. L’ultimo a mettere un punto non necessariamente esclamativo ma certamente inorgoglito è stato Beppe Marotta, il quale ha fatto un plauso alla dirigenza e ha detto una cosa che si è prestata a più interpretazioni: “Abbiamo dovuto agire in modo veloce, davanti a delle problematiche che si sono create. Ma fa parte del gioco: se alle spalle della squadra ce n’è un’altra forte il grande problema diventa piccolo, da questo punto di vista ho dei collaboratori molto forti, per cui siamo riusciti a ricompattare un ambiente che agli altri sembrava al limite del disfattismo“.

Quest’ultima frase ha portato ad una decifrazione del messaggio che per qualcuno era rivolto ad ex come Conte e Oriali, per altri era invece diretto ad una critica eccessiva per le cose che stavano accadendo tra giugno e luglio.
Propendo più per la seconda lettura e però il mestiere di giornalista è diverso dalla necessità del tifoso, il quale in questi anni ha più bisogno di essere confortato e nutrito a notizie e non a illazioni. L’informazione ha invece dato delle opinioni, ha fornito delle traduzioni di ciò che stava accadendo dentro la società e nei suoi intendimenti, senza avere la certezza di quello che era la vera realtà. E’ però vero che per fare informazione bisogna essere aiutati da chi ha il vero polso della situazione all’interno.

Il motivo è che dall’era Thohir tutto quello che accade dentro il club è segreto o fatto trapelare a volte artatamente. Quando c’era Moratti la trasparenza era persino eccessiva, l’uomo al comando era uno e in quella sorta di magnifica repubblica presidenziale era molto più semplice delineare le traiettorie dell’Inter. Non è più così e non ci sono interlocutori interessati a far uscire eventuali verità, perciò è facile indugiare nell’azzardo. Zhang ha solo detto che il momento è difficile ma prima e dopo è sparito e si sa solo che era fortemente interessato alla creazione della Superlega.

Si sa che Suning è una galassia con parecchie situazioni complesse e che dalla Cina arrivano in Italia senza un filtro che permetta di comprendere la realtà delle cose.
Il silenzio della proprietà è una cosa ma la forza della società conforta e risponde a pensieri foschi. L’ingresso di Alessandro Antonello nel board dell’ECA, l’organismo che rappresenta le società calcistiche a livello europeo e che era stato presieduto da Andrea Agnelli fino ad aprile, mostra uno scenario di continuità, laddove questa presenza certifica che i dirigenti sono più convinti che mai di restare e costruire.

Il consolidamento dell’Inter prosegue anche con i ricavi che stanno arrivando dagli sponsor (più di quanto si prevedesse) e l’abbattimento dei costi tra ingaggi e cessioni. Questo significa che la squadra nell’attuale contesto è competitiva per poter rivincere lo scudetto e togliersi delle soddisfazioni in Champions, arrivando almeno agli ottavi.

La programmazione però prevede anche un orizzonte temporale più ampio, a partire dalla data di costruzione del nuovo stadio e la certezza che Zhang possa rifondere il debito con Oaktree. È evidente che dipendere da una proprietà meno presente come quella attuale e passare ad un fondo di investimento non è rassicurante. Il mondo migliore sarebbe quello di avere una presidenza forte e presente a Milano (nel frattempo Interspac sta lavorando sotto traccia) ma nel dubbio il club si sta mettendo al riparo sistemando i conti, consolidando il management e aspettando di poter programmare con basi più solide di quelle attuali.

L’autosufficienza in una fase storica come questa è un traguardo importante che per i tifosi risulterà importante come l’acquisto di un top player.