Le tematiche dell’Inter si arricchiscono di molti più elementi che a inizio stagione non potevano che essere sfocati, alcuni persino invisibili. Ci sono cose che preoccupano e altre che confortano in questo avvio troppo intenso, zeppo di partite infilate senza riguardo da Uefa e Fifa e che in un mese e mezzo hanno portato i giocatori impegnati con le nazionali a disputare una media di 10/11 partite ciascuno. Una follia.

Giocando ogni tre giorni Inzaghi non ha mai potuto lavorare seriamente con la squadra per modificare o sperimentare nuovi assetti tattici e così si sono accentuate le difficoltà di alcuni giocatori apparsi fuori ruolo (Calhanoglu), confusi (Dumfries), impalpabili (Correa) o fuori forma (Bastoni). Nell’ultima partita col Sassuolo anche de Vrij è apparso insolitamente disorientato, mentre Handanovic ha confermato i progressi e ha salvato il risultato. In tutto questo quando Dzeko è entrato dalla panchina è stato decisivo e Di Marco ha guadagnato la Nazionale.

Di tutte le considerazioni che emergono e mettono sul tavolo punti di forza e debolezza c’è anche una valutazione sottovalutata. In diverse occasioni gli avversari dell’Inter giocano le loro partite migliori, a prescindere dal momento che vivono.
Al Franchi la Fiorentina, per quasi un’ora, ha giocato un calcio dal ritmo elevatissimo, l’Atalanta a San Siro non veniva da un gran momento e invece con l’Inter ha giocato la sua partita più convincente, lo Shakhtar, specie nella ripresa ha tenuto molto il pallone e imbrigliato le ripartenze nerazzurre, mentre il Sassuolo, prima di incontrare l’Inter veniva da tre sconfitte e una vittoria a fatica con la Salernitana. Al Mapei sembrava una squadra da Champions League.

Il fatto che chi incontra l’Inter di questo periodo alzi il suo livello sembra attribuibile agli spazi che la squadra tende a lasciare a centrocampo, alle difficoltà che in alcuni frangenti mostra un collettivo orfano di un appoggio, un salvagente per le emergenze che possono capitare in ogni partita.

Col Sassuolo l’Inter è partita bene, poi ha calato il ritmo e come le è accaduto in più occasioni durante questo scorcio di stagione, non ha saputo gestire un andamento con i giri più bassi. Negli ultimi due anni per poter organizzare meglio le proprie idee si ricorreva al lancio in direzione di Lukaku, quest’anno non c’è nemmeno un giocatore che gli somigli ma l’abitudine a quel pensiero di gioco crea un loop temporale, con i difensori che lanciano istintivamente la palla lunga, la quale arriva ad un Lautaro o a Dzeko, senza gli stessi risultati, così per parecchi minuti si resta in balia dell’avversario.
L’Inter però è forte e ha un organico con risorse che le permettono di restare in partita.

C’è comunque uno squilibrio nell’andamento di ogni gara, troppi momenti in cui durante le partite manca improvvisamente un piano. Al rientro ci saranno tre partite per molti versi decisive: la Lazio all’Olimpico, la Juve a San Siro e lo Sheriff da battere ad ogni costo, pena l’eliminazione quasi certa. Questi ultimi, se possibile, sono forti quanto e più dello Shakhtar, per questo l’Inter è attesa da tre match il cui esito è appeso alle soluzioni che Inzaghi dovrà trovare proprio in assenza dei suoi giocatori in queste due settimane.

L’Inter della scorsa stagione era settima, con 5 punti in meno, una sconfitta nel derby, tre pareggi, di cui quello sanguinoso col Parma e due sfide deludenti in Champions con Borussia e ancora lo Shakhtar. Dalla gara dell’ottava giornata col Torino l’Inter, sotto di due gol alla fine del primo tempo, fece una rimonta prodigiosa e cominciò a ingranare fino a superare il Milan nel girone di ritorno.

Questa squadra è diversa e non è giusto attendersi lo stesso sviluppo ma è sicuro che possa fare dei miglioramenti che permettano di poter fare una stagione importante.
Manca il tempo ma c’è molta più consapevolezza.