La Juve va rispettata”. Vedo il viso angelico di Dybala, mentre pronuncia queste parole a fine partita, ovviamente con la J di Juve letta alla sudamericana. È la frase che mi rimane più impressa tra le tante, a volte troppe, del pre e del post partita.

Va rispettata, dice Paulino. E chissà se si riferisce ai giudizi estivi, che ogni volta disegnano una situazione apocalittica, tra rischi economico-finanziari, flop assortiti (seguite con attenzione la parabola di de Ligt, fenomeno fino a metà luglio e ora già definito colpevole di ogni errore difensivo della Juve) ed esuberi, spogliatoio infernale (“Sarri-Juve, tensione alle stelle”, scrive il 5 settembre il Corriere dello Sport), liti in società. Il tutto, ovviamente, condito dal pronostico stagionale: se non vince è fallimento. Ma come, siamo una polveriera zeppa di esuberi quasi con i libri in tribunale e dobbiamo vincere tutto?

Va rispettata. E magari si riferisce al consueto tragicomico prepartita di Inter-Juventus, in cui si chiede a un giocatore nato nel ’97 cosa pensi del solito famigerato contatto del ’98 (basta, vi supplico) oppure si domanda a Conte (a Conte, più di 20 anni di Juve, da giocatore, capitano, allenatore, più una vita da tifoso) se teme che l’arbitro indirizzerà la partita. No, non lo teme, sa benissimo perché la Juve ha vinto così tanto, questa domanda rivolgetela al prossimo tecnico, che magari sarà più ammiccante.

Va rispettata, dice, perché siamo gli unici imbattuti in Europa. Ovviamente il dato è troppo provvisorio per avere una reale valenza statistica, però siamo sinceri, leggendo di Juve qua e là, del progetto in costruzione, della difesa da aggiustare, dei gol presi su calci piazzati, della poca brillantezza in alcuni match, avevate l’impressione che la Juve potesse essere davvero l’unica imbattuta in Europa? La risposta di Paulo è no. La mia pure.

Ed è vero che abbiamo giocato davvero bene, meglio di loro in quasi tutti i duelli, che avremmo potuto farne altri, tra offside di cinque centimetri, traverse e paratone, ma non vuol dire che non ci siano problemi, anzi, uno dei più grandi rischi è legato proprio a questo clima da campionato finito perché la Juve, già reduce da mille scudetti di fila, ha vinto bene a Milano.

Non è finito proprio nulla, perché noi siamo davvero all’inizio di un percorso che vivrà di alti e bassi (e vedremo come reagiremo ai bassi); perché l’Inter e il Napoli sono perfettamente in grado di vincere tutte le partite con le “medio-piccole” e di raggiungere dunque una quota punti non facile da superare; perché è solo la settima giornata, abbiamo un punticino di vantaggio e basta un mezzo passo falso per farci sorpassare nuovamente; perché tutti fanno a gara a farci sapere che proprio non possiamo perdere uno scudetto, mentre prima o poi capiterà, statene certi; insomma, per un milione di motivi che non sfuggono a chiunque conosca il calcio.

O magari, chissà, parlando di rispetto si riferisce anche un po’ a se stesso: prima quasi Messi, poi deludente troppe volte (e gli alibi sulla posizione in campo o sul minutaggio, per me, non rendono giustizia alla sua classe); prima cedibile, poi quasi ceduto, poi confermato, poi in panchina, poi finalmente titolare et voilà, tempo tre minuti ed ecco la fiondata di sinistro, dritta per dritta, che cambia la partita e magari una piccola fetta di stagione.

Per lui e per il suo amico Higuain, che entra e la risolve, dopo i famosi ventiquattro tocchi, perché al Pipita a San Siro piace vincerle così, con lui che corre con le braccia larghe e noi impazziti ancora una volta.

Per la Juve, detto all’argentina, che andrebbe rispettata un po’ di più.