Mentre finalmente gli arbitri possono parlare in tv, contribuendo così a prolungare quel moviolone complottista infinito che da sempre accompagna il racconto del calcio in Italia, arriva il martedì di Juventus-Spezia. Uno di quei giorni in cui, per il momento complicato, la stanchezza, le assenze, il bisogno assoluto di vincere, speri solo che la partita passi il più velocemente possibile, con tre punti in più in classifica.

Si fa male pure de Ligt, sennò che divertimento c’è? Sarà più dura si pensi, lo sappiamo dall’inizio, e infatti il primo tempo va così, una sofferenza fin dai primi minuto con loro che hanno un’occasione praticamente da dentro l’area piccola e Frabotta pensa bene di sbagliare totalmente un intervento, forse per la curiosità di ascoltare un altro arbitro andare da Varriale a confessare qualche errore. La squadra pare stanca da ogni punto di vista, senza grande idee. Loro giocano bene, e anche questo si sapeva già. I primi squilli arrivano alla fine del primo tempo, quando il flop portoghese prende un palo che novanta volte su cento diventa gol, ma noi in questo periodo ci collochiamo spesso nel restante dieci.

Il finale è comunque incoraggiante. Peccato però che inizi il secondo tempo, e tutto sembri esattamente come il primo, con una differenza piuttosto preoccupante: non mancano più novanta, ottanta, settanta minuti. Ma quarantacinque, trentacinque, trenta.

Cambia! Ora lo urlo, davanti al televisore, ma Pirlo lo sa già e proprio in quell’istante mette Bernardeschi e Morata. Confidiamo in Alvaro, perché Federico quest’anno non riesce proprio a incidere. E siamo già pronti ad arrabbiarci per il suo primo eventuale errore, quando scatta sulla fascia, mette un bel pallone al centro e, colpo di scena, first reaction shock, breaking news, sul primo palo c’è un centravanti della Juventus che anticipa tutti e mette in rete. Tutto troppo bello per essere vero e infatti non lo è, perché a Morata i gol vengono annullati anche quando lui è in gioco di quattro metri ma chi ha crossato forse è partito in posizione irregolare. Povero Berna, povero Alvaro e poveri noi: tutto troppo brutto per essere vero e infatti non lo è, perché dopo un’oretta al Var finalmente vediamo quel gesto a nostro favore: il monitor, l’indicazione del centrocampo. È gol, siamo 1-0. Forse ora ci sciogliamo, ma non abbiamo garanzie e i minuti dopo la rete sono ancora un po’ contratti, fin quando Bernardeschi vola ancora sulla sinistra, mette un pallone per Chiesa che poi, sulla respinta del portiere, ha talmente tanta voglia di segnare che, sdraiato per terra, ci arriva prima degli altri e ci permette di respirare un po’. Il terzo gol del flop portoghese (su bel recupero di Bentancur, buona notizia anche questa!) e il rigore parato da Szczesny servono per il morale in vista dei giorni decisivi di questa stagione: in 72 ore, tra Lazio e Porto, ci giochiamo molto, se non tutto, ed è più bello arrivarci così. Con tanti giocatori assenti, certo, perché continuiamo a perdere pezzi, ma con un 3-0, una classifica migliore, un po’ di sicurezza in più, Ronaldo sempre in rete, Morata ritrovato, assist dei due più bersagliati da inizio di stagione: Benta e Berna, che detto così sembra quasi il titolo di un vecchio film, e invece sarebbe bellissimo se fosse l’inizio di una nuova storia ancora senza finale.