A circa 100 ore di distanza, quella serie di errori racchiusi in venti secondi fa ancora male e la caccia al responsabile è ancora aperta. Ovviamente non partecipiamo, ben consci che se uno fallisce lo stop che non sbaglia mai, l’altro entra troppo molle, un terzo subisce un tunnel e un quarto non riesce a intervenire, accanirsi contro un singolo è perfino più inutile del solito.

Passiamo oltre, soffermandoci però sul nome più discusso, come capita spesso ma soprattutto da domenica a ora di pranzo, il giocatore che maggiormente divide nei commenti tra juventini: Paulo Dybala entra, non tiene quasi mai il pallone, una semi simulazione, lo stop sbagliato. Che succede a Paulo Dybala?

Ora, una premessa prima di affrontare due temi, che a mio parere dovranno essere tenuti distinti. La premessa, intanto: la schiera di tifosi della Juve e odiatori dei suoi giocatori (per di più di quel talento, ma non solo) continua ad apparirmi incomprensibile. Mandzukic era un “palo della luce”, Danilo già bollato come incapace in quanto indegno sostituto di Cancelo, ora i bersagli sono altri: “perché non dici che è colpa di Bonucci, che difende sempre così?”, “e Dybala, che pare giochi controvoglia?”, “per non parlare di Bentancur, ormai presuntuoso” e così via, fino agli insulti veri e propri per chi attraversa un lungo periodo di difficoltà come Bernardeschi. Come sempre, per quanto mi riguarda vale la solita regola: ogni critica è perfettamente legittima (e in alcuni di questi casi del tutto condivisibile), ma tenersi ben lontano dagli odiatori dei nostri.

Chiarita la premessa, passiamo ai due aspetti da analizzare su Dybala: uno è quello tecnico, l’altro riguarda determinati atteggiamenti. Vanno tenuti separati.
Se Paulo, dopo essere stato straordinario per un anno intero, da titolare (vedi andata con l’Inter) e da subentrante (vedi ritorno con l’Inter), dopo avere segnato circa settanta gol in campionato in cinque anni, dopo avere comunque sempre reagito con degli splendidi “alti” ai non infrequenti “bassi”, attraversa un periodo complicato a seguito di un lungo infortunio, non dobbiamo dirgli una parola. Succede, è capitato a Del Piero, Kakà, a campioni di ogni genere e ha tutto il diritto di sbagliare uno stop, dopo anni di stop perfetti e giocate deliziose. Anche lui è criticabile – chi di noi non ha gridato qualche improperio dopo quel pallone perso di 100 ore fa? – ma siccome ne conosciamo bene qualità e incidenza sulla squadra quando sta bene, la rabbia verso qualche suo controllo infelice mi pare quantomeno eccessiva. Aspettiamolo, perché sappiamo già che il nostro numero 10 è in grado di cominciare a giocare come sa – e magari a segnare – dopo la sosta e non fermarsi più.

Arriviamo, dunque, all’unico tema davvero pertinente: se, come abbiamo scritto, non gli si può certo imputare uno stato di forma non al meglio, quello che si vorrebbe sarebbe piuttosto un comportamento più partecipe, un atteggiamento meno afflitto quando esce o quando non gioca dall’inizio, senza discussioni con dirigenti perché non si è ritenuti ancora pronti per giocare (e in effetti, tanto più qualche settimana fa, evidentemente non lo era ancora), senza like sui social (che lo gestisca lui, il fratello o chi per loro) che possano rafforzare la sensazione di una sua continua insofferenza.

Paulo Dybala deve semplicemente fare il numero dieci della Juventus, senza pensare di non essere valutato per quanto merita, senza prendersela se non viene schierato titolare quando è meno in forma di Morata e Ronaldo e senza impantanarsi sul rinnovo.

A quel punto va semplicemente aspettato, dandogli tutto il tempo che gli serve, senza maledirlo per uno stop sbagliato. Perché alla fine, la sua storia bianconera lo dice chiaramente, sa ripagarti, perfino diventare il migliore giocatore del campionato e magari sorridere e risultare decisivo sia da titolare che da subentrante. Sì, proprio come contro l’Inter, in quelle due partite che sono valse il suo quinto e il nostro nono scudetto di fila.