Uno dei tanti motivi per cui la vittoria di Milano è stata benefica (anche a prescindere da prestazione, divertimento, classifica e diverse altre ragioni) riguarda il momento in cui è arrivata. A ridosso, cioè, di 15 giorni di una noia mortale, durante i quali se hai perso non fai che rimuginare su errori e rimpianti mentre se hai vinto, quantomeno, ti resta in bocca il sapore allegro di quella sera.

Ora che l’attesa è finita, bisogna essere bravi a fare in modo che tutto questo non conti più: non c’è pericolo più grande, infatti, di stare ancora lì a crogiolarci su Dybala, il Pipita ritrovato, i 24 passaggi e compagnia mentre arriva il Bologna, che quest’anno sta tornando ai livelli più vicini al suo passato: squadra grintosa ma anche piena di qualità (il nostro caro vecchio Orsolini, tra gli altri, poco pubblicizzato ma sempre più decisivo).

Massima concentrazione, allora, perché è tempo di scordarci San Siro e tornare a pensare approfonditamente a che punto siamo, a come sta la rosa, alle sue (enormi, certo) potenzialità.

Partendo dall’attacco, perché sarà bello poter scegliere tra Higuain e Dybala, in questo imprevedibile e appassionante duello per quella maglia n. 9, che formalmente quest’anno non è stata assegnata ma in campo è più ambita che mai.

Douglas Costa, poi, fantastico in questo inizio di stagione ma troppo spesso sfortunato e conseguentemente discontinuo: è il momento di poter contare su un Douglas costante, che per qualche mesi garantisca il suo apporto eccezionale in termini velocità e imprevedibilità. È lui l’unico uomo che può cambiare il modulo, quel 4-3-1-2 in cui l’1 pare destinato a essere soprattutto Ramsey, a meno appunto che torni davvero Flash, capace sì di assistere le punte, ma soprattutto partendo dall’esterno, anche puntando il fondo e non, come viene interpretato il ruolo convenzionalmente, centrale dietro i due attaccanti.

E il bello è che anche tralasciando l’intoccabile Ronaldo e ragionando “solo” su campioni come Higuain, Dybala, Costa e Ramsey, dai discorsi pare restare fuori Bernardeschi, non ancora al meglio, non sempre convincente, ma a segno in pochi giorni sia in Champions che in nazionale.

Le scelte davanti, il ritornello (piacevole) che ci accompagnerà per tutto l’anno, da cui forse dipenderanno le nostre fortune.

Sul centrocampo, al momento, inutile perdere troppo tempo perché ci sono tre intoccabili: se la partita conta davvero, a oggi, chi di noi non schiererebbe dall’inizio Pjanic, Khedira e Matuidi? Aspettando gli altri, ovviamente, perché Sarri ha mostrato di credere in Bentancur, di volere ricaricare Emre Can, mentre Rabiot al momento non sappiamo ancora bene chi sia: un grande talento, questo sì, ma di lui non conosciamo molto altro.

In porta Szczsesny in odore di rinnovo (e nessun ruolo mi dà più tranquillità in cui come alternativa al polacco ci sarebbe comunque Buffon), davanti a lui Bonucci ormai tornato il Bonucci pre cessione (e quanto è importante, questo dato, dopo l’infortunio di Chiellini…), Cuadrado straordinario terzino adattato in assenza dei tuoi titolari (ma attenti, titolari, perché con Juan così…) e Alex Sandro tornato concentrato, attento, positivo come all’inizio della sua esperienza juventina.

Manca un ruolo, lo so. Manca il difensore centrale accanto a Bonucci. Ne abbiamo tre, ognuno merita qualche riga dedicata: Rugani, che non ha ancora giocato un minuto e io capisco che non sia facile, ma deve stare tranquillo, perché ci sarà davvero bisogno di lui e deve farsi trovare pronto; Demiral, idolo sin dall’estate per la grinta e la tempestività negli interventi, poi esordio complicato in campo, fino al rigurgito nazionalista di queste settimane: ora basta, Merih, testa alla Juve e solo a quanto accade in campo; de Ligt, l’ex promessa del calcio mondiale, colui che è passato in pochissimi mesi da un probabile ennesimo “Juve beffata”, ove fosse finito al Barcellona come tutti pensavano, all’essere considerato un difensore strapagato che fa un errore dopo l’altro.
E invece no, chi lo vede senza pregiudizi sa che sta acquisendo sempre maggior sicurezza in una squadra e in un paese nuovi, e poco male se ogni tanto segna anche il suo rivale diretto: capitava a Baresi, capita a Van Dijk (errore in nazionale, ma senza malevole sottolineature), capita e capiterà anche a lui, e chi se ne frega dei titoli di giornale.

E poi lo so, l’ho tenuto per ultimo perché volevo pensare solo al campo e il rischio di scadere nella retorica è troppo alto: allora coraggio, Sinisa, solo questo. Da parte mia e di tutto lo Stadium, che è davvero tutto con te: se hai qualche dubbio fidati, te ne accorgerai domani sera.