E così finiscono anche questi 365 giorni, che sono un po’ di più di un decimo di 3000 e infatti, come nei 3000 precedenti, ha vinto la Juve anche ‘stavolta.

Ve la do come una notizia in quanto, se leggete qua e là le pagelle di fine anno, i commenti degli antijuventini ormai a corto di ossigeno davvero da troppo tempo e, ahimè, anche il tono grigio e quasi lugubre di tanti di noi, qualcuno potrebbe essersi perso la breaking news: in Italia, nel 2020, è stato assegnato un solo scudetto e lo ha vinto la Juventus.

E ora siamo in difficoltà, lo sappiamo bene, scopriremo a breve se il distacco aumenterà e dovremo concentrarci su altri obiettivi o se magari torneremo a ridosso di chi è al comando e allora chissà. Quello che è certo e definitivo, però, è che chiudiamo l’anno con uno scudetto, una pessima uscita contro il Lione e un ottimo girone di qualificazione di Champions. C’è di meglio, probabilmente. C’è terribilmente di peggio, di sicuro.

Proviamo a riviverlo, quest’anno, rituffandoci nelle sofferenze di febbraio, quando si perde a Verona, Lione e svanisce qualche sicurezza che appare ritrovarsi nell’unica partita di marzo, quello Juve-Inter rinviato di una settimana tra le polemiche, i consueti sospetti di complotti anti-Inter e poi eccoci, a porte chiuse, ma sul campo finisce sempre in quel modo, 2-0 con uno splendido gol di un Dybala appena subentrato, ma ancora felice e decisivo.

Aprile e maggio sono mesi difficili sotto ogni punto di vista, il calcio perde d’importanza anche perché si è tutti fermi e non si sa ancora se, quando e come si potrà riprendere. Nel “come” c’è la grande tentazione: nessuno propone di assegnare lo scudetto con la classifica di quel momento – ove prima è la Juve, ma è solo un inciso privo di malizia -, qualcuno propone di studiare un bell’algoritmo e fare decidere a lui ma soprattutto, ridiamo un po’ di vigore a questo calcio in disarmo ormai da otto anni, perché non provare i playoff e dare una chance concreta a più squadre?

Per fortuna le cose vanno meglio e viene stilato un protocollo per permettere di giocare: il Napoli vince la Coppa Italia, non c’è bisogno di playoff e quindi il calcio resta grigio, con le solite regole stantie, vinto per la nona volta dalla stessa, noiosissima squadra.

Il Lione è il giorno nero, quello dopo è il giorno zero: addio Sarri, che magari non rimarrà nel cuore di tanti ma resterà comunque nella storia per avere vinto uno scudetto con noi, e dentro Pirlo, all’esordio. Vuole fare un gioco propositivo, si trova a doverlo proporre senza de Ligt, Sandro, Dybala, talvolta Ronaldo, con un centrocampo tutto nuovo e rimanendo spesso in 10 per una serie alternata di follie dei nostri e decisioni affrettate altrui.

C’è la grande notte, quella di Barcellona, con la squadra finalmente quasi al completo e un primo posto da ottenere solo attraverso un 3-0 fuori casa: fantascienza, di qualunque Barcellona si parli. E invece quella sera non c’è nulla di impossibile, sono tutti perfetti e i tre gol arrivano dalla sorpresa McKennie con un grande inserimento e con CR7 freddo dal dischetto. Primi nel girone, ci tocca il Porto e spero che abbiamo imparato che nel giorno del sorteggio le feste sono sempre fuori luogo: banalmente, vedremo come andrà.

E c’è la notte stregata, quella in cui succede tutto quello che non vorresti: dal gol da film dell’orrore preso dopo due minuti all’entrata sconsiderata di Cuadrado, dal pessimo primo tempo al tentativo di reazione frenato anche da altre decisioni un po’ bizzarre e due gol presi nel finale, tanto per non farci mancare nulla.
E così, tra uno scandalo e un altro, tra una crisi Juve e un’altra, tra improbabili paragoni sulla surreale vicenda Juve-Napoli con altre realtà straniere, salvo poi doversi confrontare con la realtà dopo la propaganda, ci prepariamo al 2021. Per noi tutto, in gran parte, dipenderà da gennaio: tra scontri diretti, coppe non di primissimo piano e mercato, capiremo dove possiamo arrivare.

Le possibilità, per quanto ci riguarda, come sempre sono due: vincere, ancora una volta, o complimentarci con chi ci riesce. Come noi non possiamo fare da un po’, come loro non vogliono fare da sempre.