Come spesso accade, il calcio italiano mostra le sue due facce: mentre Agnelli all’Eca guarda la luna delle difficoltà che il calcio si appresta ad affrontare nei prossimi anni, invece del solito dito delle misere questioni moviolare di queste parti, De Laurentiis, ancora una volta, si mostra poco rispettoso delle regole e di tutto ciò che ha intorno, passando dalle antiche parolacce e fughe senza casco al decisamente più grave comportamento in Lega. Nonostante i sintomi, si siede serenamente in una sala con i suoi colleghi salvo poi scoprire la sua positività, costringendo i partecipanti a stare a casa e ai dovuti controlli, sperando che non ci sia stato abbastanza tempo per un contagio. Inutile spendere altre parole, meglio tornare al campo.

In questa faticosa sessione di mercato, la Juve cerca di salutare alcuni eroi di questi anni, ormai non più centrali nel progetto: il più vicino a lasciarci è Higuain, proprio l’ex pupillo di De Laurentiis. Il quale a suo tempo sbraitava contro il Pipita traditore, dimenticandosi di avergli messo lui addosso la targhetta con il prezzo: datemi 90 milioni ed è vostro, non vedo l’ora, proprio come in un negozio. Ora che ci penso, quanto è difficile valutare Gonzalo. Resta l’immagine più recente, di un attaccante sempre splendido nell’aprire il gioco ma sempre meno attaccante, meno rapido e incisivo sotto porta, non più in grado di fare il numero 9 titolare della Juventus di Cristiano Ronaldo.

C’è quella ancora meno efficace dell’anno di purgatorio trascorso tra Milan e Chelsea. Ma c’è pure e soprattutto l’altro Higuain, quello che arriva appunto con quella targhetta attaccata al suo nome, parte dalla panchina all’esordio contro la Fiorentina, entra e, sennò le favole non esisterebbero, dopo un rimpallo il pallone finisce proprio sui suoi piedi, che pur se defilato segna il gol della vittoria. Delirio.

E non voglio utilizzare Google per controllare e ricordare i gol, conta solo quello che mi torna in mente da solo: sono allo Stadium, arriva il Sassuolo e lui fa subito due grandi gol, inducendomi a guardarlo incredulo e a chiedermi se davvero sia così facile, la vita, con un grande centravanti come lui. Gol decisivo nel derby, contro la Roma con Manolas che finisce per terra, contro il Milan. I mille gol contro il Napoli, la squadra i cui tifosi neanche pronunciano più il suo nome: campionato, coppa Italia, Torino, Napoli, con o senza una mano, in ogni condizione c’è l’immagine di un Koulibaly che non riesce a prenderlo o di un tiro che, ancora prima di partire, sappiamo già come andrà a finire. La semifinale contro il Monaco, ma ancor di più il gol a Londra contro il Tottenham e, se possibile ancor di più, lo stop e assist geniale per Paulino che vola mentre Higuain è fermo, immobile, in ginocchio ad aspettare che il sinistro di Dybala ci porti avanti in Coppa. E poi certo, non me lo sono dimenticato e Google non serve affatto, c’è il gol dei gol, quando forse la fase discendente è già cominciata, a San Siro, con gli avversari sopra 2-1 a un minuto dalla fine ma non riescono a blindare il fortino: segna Cuadrado, la decide il Pipita e allora via al solito circo di lamentele, alibi, parentele immaginarie dell’arbitro e così via. Tutto per colpa tua, caro Gonzalo.

E non entro nelle vicende contrattuali: sono sempre con la società Juventus ma so bene che se hai un contratto è un tuo diritto tutelarlo fino in fondo, o quantomeno cercare l’accordo più conveniente. I dati che contano, ai miei occhi, sono solo due. Il primo, il più cinico: oggi Gonzalo Higuain non può più essere il centravanti titolare della Juventus. Quindi addio, con gratitudine e senza rimpianti. Il secondo, il più romantico: grazie, Pipita, hai segnato a tutte, le hai battute tutte. Così, mentre il mondo continua a parlare di un acquisto sbagliato, dei conti che non tornano, di una storia andata male, noi sappiamo che è esattamente il contrario. Che prima di salutarci, caro Gonzalo, siamo stati felici, ma felici davvero.