Questo pezzo può essere scritto in vari modi.

Può essere incentrato sul campo, così non si sbaglia mai, e la partenza è troppo brutta per essere vera: molli, sotto di un gol dopo tre minuti con praterie di zemaniana memoria, in dieci per una follia di Cuadrado, che si produce in un fallo alla de Roon, ma stavolta costa il rosso e non un giallo più tweet di ammissione di colpevolezza da parte del giocatore. Sbandiamo, rischiamo di subire il secondo gol, poi ci riassestiamo e magari meriteremmo anche di più, prima del finale con i due gol viola.

Non va, perché, dopo alcune prestazioni convincenti accompagnate da risultati positivi, serviva continuità, non dare mai nulla per scontato, ritrovare la cattiveria e invece quell’approccio dimostra che manca ancora qualcosa. La classifica si fa complicata, anche per la sentenza del pomeriggio.

Ecco, arriviamo al secondo modo per raccontare quanto accaduto ieri. Nel tardo pomeriggio, verso le 18, a poco più di due ore dalla partita, arriva la notizia del ribaltamento della sentenza: a dire il vero ce lo avevano anticipato i giornali, spiegandoci che “l’aria” era cambiata, riuscendo evidentemente con grandi capacità di immedesimazione a interpretare l’imperscrutabile pensiero del Collegio. Tre punti in meno in classifica, anche se ci avevano spiegato che il terzo grado avrebbe potuto giudicare solo per questioni di legittimità e non di merito, ma questa è la giustizia sportiva, bellezza, dove tutto è possibile.

La Juve non sa, a quel punto, se Rabiot sarà della partita (del resto, quando fare uscire una sentenza, se non a due ore da una partita) o dovrà scontare la squalifica di qualche tempo prima: cambia la formazione, entra in campo (molto male, come scritto), ma non molla e Borja Valero viene graziato dall’arbitro che aveva già messo la mano nel taschino per il secondo cartellino ma non si era accorto che sarebbe stato il secondo, quindi torna indietro e da lì in avanti nega un paio di rigori alla Juve, per completare la grande giornata – non la prima, ma la più spettacolare – di totale vacanza del Palazzo a tinte bianconere.

Si potrebbe insistere su questo, il resto d’Italia farebbe così, ma la verità è che noi sappiamo che, se la Juve fa la Juve, può battere il Napoli in campo e deve fare meglio con la Fiorentina e nelle prossime partite che la aspettano. Ci sono molti scontri diretti, è un rischio ma, vista la classifica, potrebbe anche essere un bene.

Proviamo con il terzo. Perché il modo che spiega meglio tutto, ancora più del campo – che pur non tradisce mai – è descrivere come funziona il racconto del calcio italiano, da sempre ma in particolare dopo questi 3000 giorni di dominio assoluto.

Ebbene, vivete in Italia, quindi avete senz’altro presente i toni gravi che da decenni accompagnano l’analisi degli episodi arbitrali, l’intervista in diretta a Rizzoli su Sky, le moviole sugli altri canali, i complottismi, i titoloni, gli “spunta il video a scoppio ritardato”, lasciando perdere il tragicomico vicedirettore di Raisport, una sorta di ultrà aizzatore di veleni messo al posto di comando del settore sportivo del servizio pubblico.

Ebbene, tutto questo, in determinate occasioni, non esiste più. Le sentenze tornano insindacabili, non c’è più un Palazzo, in campo vince il migliore, il cartellino mancante è un semplice errore, il rigore una svista, il secondo penalty una disattenzione, “sì, però vorrei tornare al campo: ecco, Pirlo, come mai…?”, nei giornali non c’è mezzo titolo sul direttore di gara, al contrario di Juve-Fiorentina dell’anno scorso, dove un discusso rigore del 2-0 a pochi minuti dalla fine aveva scatenato dietrologie, titoli e indignazione.

E a noi piace così, sia chiaro, il calcio lo giocano le due squadre e tutte le altre storie, il Palazzo, i complotti, sono fesserie. L’arbitro incide, certo, ma come un palo, un gol sbagliato, un infortunio o una sentenza saputa solo due ore prima di giocare: sono elementi casuali, abbagli, su cui è del tutto inutile dibattere a lungo.

Perché il racconto del calcio può essere splendido, e in Italia riesce a esserlo solo in pochi casi: in quelle rare giornate in cui perde la Juve.