Non mi interessa affatto interrogarmi sul futuro di Pirlo, Allegri, Ronaldo, Dybala, tantomeno di Agnelli, Nasi più nomi fantasiosi assortiti, messi lì tanto per riempire qualche prima pagina. Non mi interessa spendere troppo tempo sull’esame di Suarez, relativamente al quale ormai abbiamo intercettazioni, chat whatsapp anche di chi non ha whatsapp, video e perfino foto degli autografi, insomma se agiamo sempre così il crimine non ha più scampo: poi ascolti l’esame e ti accorgi che se non danno il B2 per la cittadinanza a lui mi sa che lo daranno a pochi d’ora in poi, e per fortuna l’esame non serve a tanti italiani, altrimenti  sarebbero problemi seri.

Conta solo Udine. E stavolta non è il classico modo di dire, quella roba pure un po’ attiraguai delle dieci, otto, cinque finali da vincere e poi puntualmente non ne vinci una.

No, oggi importa solo Udine e quindi non abbiamo tempo per i ragionamenti sul centrocampo un po’ carente, sui dirigenti in scadenza, sull’umore di Cristiano, per le discussioni che ci hanno accompagnato per tutto l’anno e ora non rilevano più.

Non ce ne frega niente.
Voglio sapere se Chiesa ha recuperato, quanto è serio il contrattempo di Morata, se Danilo sta davvero bene, se Dybala e Ronaldo stanno ritrovando la condizione perché, anche se sembra di essere a un passo dalle vacanze, qui mancano cinque partite fondamentali più una finale vera e propria.

Per questo non vorrei più vedere quei segnali di resa mostrati a Firenze in campo, con un primo tempo indecente sotto ogni profilo, e anche fuori, con quelle dichiarazioni di Pirlo sull’insoddisfazione e la delusione sua e della società. Non c’è nulla di cui essere delusi o da rimpiangere, almeno ora, adesso c’è da lavorare su ogni aspetto: tattico, fisico e motivazionale, perché possiamo vedere una Juve non all’altezza, può capitare ogni dieci anni, ma una squadra molle, che sembra entrare in campo quasi per farci un piacere, quello no, è contro la nostra storia e le nostre caratteristiche da sempre.

E i giocatori che mugugnano, Ronaldo nervoso, Dybala e il contratto, i senatori e quel raccontato timore di una stagione in continuo peggioramento, quella sensazione di ineluttabilità di un finale negativo, quando ancora saremmo tra le prime 4 e lo scontro diretto con il Milan lo avremmo comunque nel nostro stadio: sveglia, allora, perché il destino dipende da noi e siamo più forti di gran parte delle squadre che affronteremo, come però eravamo nettamente superiori alle precedenti cinque sfidate, con risultati piuttosto deludenti.

Via quell’aria malinconica e rassegnata, altrimenti cancelliamo direttamente quel  “fino alla fine” di cui facciamo sempre vanto, perché non può valere solamente nelle annate trionfali ma al contrario dovrebbe essere il nostro grimaldello proprio nelle stagioni difficili, quelle in cui ogni punto va conquistato facendo il doppio della fatica rispetto al solito. Giocare novanta minuti su novanta minuti, possibilmente senza assist agli avversari, massima concentrazione, magari anche qualche sorriso perché a qualcuno si legge in faccia la paura, mentre qui non c’è da avere paura, ma da conquistare un obiettivo alla portata e poi, più avanti, penseremo alla finale di coppa Italia. Su la testa, allora, finché siamo in tempo. E ricominciamo a fare la Juve.