Mi è già capitato di raccontare che la più grande gioia sportiva davanti alla tv me l’ha data Maurizio Pistocchi. Se vi sembra strano o ne siete addirittura sconvolti – e vi capisco, eh – è solo perché siete troppo giovani e non ricordate che la super Juventus di Lippi, all’ultima giornata del girone, per qualificarsi avrebbe dovuto battere il Manchester United (impresa non facile, come noto) e sperare che l’Olympiakos fermasse il Rosenborg. A pochi minuti dalla fine la situazione era disperata: i norvegesi vincevano in Grecia, contro una squadra già eliminata e noi non riuscivamo a segnare agli inglesi. Servivano due reti in poco tempo e quando Inzaghi portava in vantaggio la Juve, esultando come un matto (alla Inzaghi, appunto) nonostante fossimo in quel momento eliminati, a casa la gioia era piuttosto moderata.

Dopo due anni di passaggi del turno ininterrotti (una vittoria e una finale persa), stavamo per uscire dalla Champions ai gironi, per mano del Rosenborg. A un tratto, tuttavia, a un paio di minuti dalla fine, irrompeva sugli schermi il buon Pistocchi, che aveva il compito di aggiornarci sui risultati da Atene: ebbene, aveva appena pareggiato l’Olympiakos su punizione con l’eroe Djordjevic, di cui avrei poi comprato la maglia a breve. Anche quell’anno arrivammo in finale, ovviamente per perderla con il Real, ma riuscendo così a completare tre percorsi Champions senza neanche una eliminazione. Le gioie inaspettate sono sempre le più intense e qualcosa di analogo accadde l’anno successivo, quando l’Athletic Bilbao già eliminato sconfisse il Galatasaray a pochi minuti dalla fine, regalandoci così il primo posto.

Tutto questo per dire che ieri, quel primo posto, conquistato così all’improvviso, me lo sono goduto come si deve. E non importa se la Juve non è stata certo irresistibile, se mi sono arrabbiato più volte per l’atteggiamento del secondo tempo e per i gol sbagliati, se a marzo usciremo contro una squadra della seconda fascia (peraltro potremmo pescare Psg e Atletico…): le gioie impreviste, provenienti da altri campi, mentre cambi stancamente canale per vedere il fischio finale a San Pietroburgo e vedi gli azzurri festeggiare al 94esimo per una saetta finita sotto la traversa, rimangono le migliori. Peggio per chi non sa godersi neanche queste e prova a spiegarci che non c’è da divertirsi troppo, non sa cosa si perde.

Il primo responso, nella stagione più difficile degli ultimi 11 anni, non è dunque poi così male: la Juve vince 5 partite su 6 e prevale nel girone sul Chelsea campione d’Europa, che a una super squadra ha aggiunto altri campioni iper costosi alla Lukaku.

Poi, certo, i problemi rimangono: se la squadra non palesa voglia di chiudere la partita neanche conoscendo le notizie interessanti (e altalenanti) provenienti dalla Russia, allora qui c’è davvero da riaccendere qualcosa a livello di intensità e motivazioni, anche a voler prescindere dai tanti errori sotto porta di un Kean (e di un Morata, quando è entrata) presente, vivo, ma davvero troppo impreciso.

E così si va verso Venezia senza sapere che Juve dobbiamo aspettarci, non solo a livello tattico ma anche a livello di voglia e concentrazione, di autostima e cattiveria: senza queste caratteristiche, ovviamente, sarà impossibile recuperare punti e anche passare gli ottavi, al di là della squadra che pescheremo.

Ma per oggi, per piacere, lasciateci negli occhi quel ricordo: i giocatori russi che si abbracciano, Bonucci che indica il 3 a 3 e noi che, ovviamente mai a testa alta come le altre italiane, vinciamo il girone e spediamo i campioni al secondo posto.