Ma che razza di vigilia è?
Mai vista un’attesa più strana di questa, prima di uno Juventus-Inter: si è pensato a tutto, tranne che alla partita.

Sarà il clima un po’ depresso che ci porta a interrogarci su come e quando uscire di casa, saranno le porte chiuse, sarà che il campionato una settimana era falsato e ora non più – chissà la prossima! -, sarà che è una vita che non si gioca, sarà che non sappiamo neanche se e come sarà terminata la stagione.
Sarà che non sappiamo neanche se valga la pena terminare questa stagione, visto che le partite principali saranno disputate in una situazione surreale, davanti ai rispettivi staff e a 50 giornalisti, nella speranza che nessun protagonista venga contagiato. Sarà che non voglio neanche sapere le regole di un’eventuale assegnazione, perché quanto può valere un titolo conquistato in quel modo?

Eppure si gioca. Ed è comunque Juventus-Inter, due delle prime tre in classifica, sfide saporite ovunque: Sarri e Conte, Paratici e Marotta, Agnelli e l’amico Steve, come lo chiama affettuosamente lui, mentre da parte interista è sempre meglio che non arrivi mai un segnale pubblico di stima e amicizia, pena la scomunica da parte dei tifosi nerazzurri, troppo superiori moralmente per accettare un apprezzamento nei confronti del nemico poco di buono.

Si gioca e chi se lo ricorda più dov’eravamo rimasti. Anzi sì, me lo ricordo perché ero lì, a Lione, ad assistere a un primo tempo troppo brutto per essere vero, eppure purtroppo verissimo, purtroppo in linea con troppe Juve in trasferta di questi primi mesi del 2020, un po’ discontinue, poco solide, non abbastanza pericolose, prive di orgoglio e capacità di reazione, insomma il contrario di come ci aveva abituato – forse viziato – da tanto tempo a questa parte.

E mi ricordo pure la ripresa, cioè mi ricordo che la Juve se vuole sa giocare, sa alzare il baricentro, sa mettere sotto l’avversario senza rischiare più nulla, sa produrre occasioni, eppure anche lì non è abbastanza pericolosa, non tira in porta, si imbottiglia spesso al centro dove ormai le rivali mettono uno schermo fin troppo folto, si affida a un paio di iniziative personali.

E l’Inter, come stava? Ho in testa qualche frammento di partita con la Lazio e mi viene in mente una squadra micidiale quando parte in contropiede, con qualche elemento che corre per due (come Barella), un gioco non sempre propositivo e il pensiero di come inserire in pianta stabile Eriksen, già pericolosissimo con le sue giocate ma non ancora del tutto al centro del gioco di Conte. Anche l’Inter, quando l’ho vista nel 2020, mi ha raramente impressionato, ma appare più compatta nel difendersi e ripartire, con quei due davanti nel pieno di una stagione di grazia, uno potente e l’altro rapido e tecnico, come Serena e Diaz nell’anno dei record con la squadra del Trap.

E poi c’è un altro ricordo, che è già evaporato eppure non è di qualche millennio fa: è Inter-Juve dell’andata, con il pubblico interista a creare un ambiente infuocato, la grande attesa della rivincita di Conte e Marotta, i dubbi sulla Juve di Sarri, bella partita ma soprattutto Juve, che propone, è organizzata, gioca spesso nell’altra metà campo, va sopra, viene raggiunta, rischia qualcosa ma vuole vincere e ci riesce divertendosi palleggiando fino alla loro area, con finalizzazione del Pipita, come ormai da tradizione a San Siro.

E allora, ancor più di chiederci se è già tempo di Chiellini o è meglio aspettare, se Rabiot e Ramsey sono molto più di quello che ci hanno fatto vedere oppure no, se davanti partirà Dybala e subentrerà Higuain come all’andata, ancor più di questi che ci paiono quesiti fondamentali ma tutto sommato sono dettagli, la domanda che rimbomba è proprio questa: che fine hai fatto, Juve del 6 ottobre 2019?

E io di tempo per rispondere te ne darei quanto ne vuoi, perché allenatore e giocatore erano gli stessi, anzi si conoscevano ancora meno, insomma non può essere finito tutto lì, però la Lazio vince ogni domenica, in Coppa Italia c’è ancora il ritorno, il Lione sarà comunque non facile da ribaltare e domani, appunto, arriva l’Inter.
La risposta, quindi, mi serve domani. E nel silenzio dello stadio, qualunque essa sia, la sentiremo rimbombare.