Due minuti, solo due, per fidarti di me.

Rispetto all’originale, abbiamo addirittura abbreviato il lasso di tempo a disposizione per fidarci di te.
Sembrano pochi, ma a volte bastano, tanto più se il periodo è quello che è, la brillantezza difetta, qualche giocatore chiave è fuori squadra e ogni santa partita bisogna faticare infinitamente più del previsto. Serve solo vincere, in periodi così.
Inutile stare a rimpiangere il super Pjanic di questo periodo o l’Higuain di qualche scampolo di questa stagione: la rosa è vasta, i risultati ci sono, serve crescere.

Così, la partita comincia discretamente, senza grandi sussulti, sembrando praticamente un Dybala show, con qualche incursione di Cuadrado, buona spalla del protagonista principale.

Paulo prende palla, dribbla, conquista falli, tira al volo dal limite, supera tutti e si fa respingere un tiro con un grande intervento del portiere avversario, fa praticamente tutto lui e lo fa benissimo. Manca solo qualcosa, e quando quel qualcosa lo realizza Bonucci di testa ci illudiamo che per una volta, forse, le cose andranno diversamente, e potremo rilassarci un po’ prima del 94esimo.

Macché, non sia mai. Il Genoa conquista campo, gioca il pallone, pensa a tentare di irretirci con il palleggio e non picchiando selvaggiamente come capita altre volte. Così prende campo e – certe tradizioni vanno rispettate! – ecco un passaggio avventato (ma all’Alex Sandro di questo inizio stagione possiamo concederlo), l’intercetto avversario e Kouamé che si ritrova così solo al centro dell’area che sceglie di segnare calciando praticamente con entrambi i piedi, con un autorimpallo da cartone animato giapponese. Succede anche questo, in periodi così; è lì che ci fermiamo, stentiamo a creare grandi pericoli, non basta neanche giocare con l’uomo in più per cambiare realmente ritmo. Costruiamo occasioni, ora, quello sì, e l’evanescente Bernardeschi del primo tempo, quando entrano Ramsey e Rabiot, diventa più pericoloso, con alcuni tiri a un passo dal gol.

Cristiano, dove sei? Ce lo chiediamo quando è impreciso in un controllo, lo gridiamo quando fallisce il gol di testa a pochi passi da Radu.
Capiamo che oggi la giornata andrà così, sono periodi, anche il più grande può concedersi delle pause, viene espulso anche Rabiot e ora siamo convinti davvero che l’Inter stia tornando in testa, a tre giorni dal nostro derby.
Recupero.
Perché solo 4 minuti, con due espulsi e tante perdite di tempo?

Due minuti, ancora due, ma non li sprecherei.

Non sono mica pochi, due minuti, se ti chiami Cristiano Ronaldo. Così segna il gol della vittoria su cross di Cuadrado, ormai sappiamo che non dobbiamo esultare fino al Var, ma in questo caso basta il replay: niente da fare, siamo secondi sul serio.

Un minuto, resta un minuto.
Allora va a prendersi la palla, entra in area, rientra verso il limite, l’avversario lo sgambetta, rigore, ecco, aspettiamo il Var, dal replay il contatto c’è, rigore confermato, silenzio…
Cristiano ci sei?
La risposta è già arrivata perché lui sta esultando a braccia larghe, impazzito per un gol al Genoa su rigore al 94esimo dopo una partita complicatissima, per lui bruttina per novantadue minuti.
Ma lui si chiama Cristiano, e se sei in davvero in difficoltà, fidatevi, basta concedergli due minuti, solo due, per fidarsi di lui.