Il giorno dopo la disfatta di Londra preme affrontare tre temi: intanto la partita, appunto. L’analisi del girone e della qualificazione, poi. Infine, come risollevarsi in vista dell’Atalanta, in arrivo tra tre giorni in una sfida che può valere un pezzo di stagione.

Sul match di Stamford Bridge, purtroppo, c’è davvero poco da dire: noi imbottiamo la squadra di centrocampisti, dopo neanche un minuto loro potrebbero già essere in vantaggio, premono e se premi con intensità e continuità, prima o poi, di solito arriva anche l’episodio casuale. Infatti è così, siamo sotto e un po’ schiacciati ma comunque in campo e non pareggiamo per puro caso, perché Locatelli fa una grande giocata, Morata pure ma Thiago Silva salva tutto. Ci fermiamo qui, perché nel secondo tempo decidiamo di non entrare in campo e c’è il rischio, se lasci i campioni d’Europa giocare da soli, che ti facciano altri tre o quattro gol, con Szczesny migliore dei tuoi. Finisce come non deve finire, cioè 4-0 per loro senza un briciolo di reazione, idee, carattere, con i cambi fatti in ritardo, dopo il terzo gol, quando noi eravamo già spariti da un bel po’ e ormai i giochi erano in gran parte fatti. Completano il quadro alcune prestazioni individuali inquietanti anche sotto il profilo della personalità (stendiamo un velo sulla fascia sinistra) e per una volta non si vede neanche Chiesa, eroe di questo anno e mezzo di Juve un po’ così.

Con metodo induttivo, procedendo quindi dal particolare (la partita) all’universale (il girone, la Champions in generale), la sconfitta assume una valenza meno drammatica. Premessa: a mio parere la Juventus non dovrebbe mai perdere 4-0. Le giornate nere esistono, gli avversari più forti e le stagioni complicate anche, ma è proprio là che devi fare in modo di limitare i danni e contenere l’entità della sconfitta, perché le batoste pesano maggiormente rispetto alle normali serate negative. Ciò detto, se a inizio anno mi avessero detto che la Juve avrebbe giocato la penultima partita in carrozza, senza alcuna tensione, con la qualificazione già conquistata matematicamente e interessata semplicemente a provare ad agguantare il primo posto, lo avrei firmato con il sangue. In anni complicati economicamente e in cui non abbiamo chance concrete di vincere il trofeo, passare il turno è molto più importante rispetto all’obiettivo del primo posto nel girone, che pure ci darebbe qualche chance in più di arrivare ai quarti, dopo qualche anno di assenza. Siamo agli ottavi , dunque – molto probabilmente al secondo posto, a meno di un poco probabile scivolone del Chelsea a San Pietroburgo – dove sarebbero verosimilmente proibitive le sfide con Liverpool, Bayern e City, mentre forse con le altre potremmo quantomeno giocarcela. Pensiamo a migliorare noi, intanto, magari anche nel mercato di gennaio: a quel punto si vedrà.

Ed eccoci al terzo punto, perché proprio l’aver conquistato la qualificazione così in anticipo ci ha indotto a pensare – forse non del tutto a torto– che la partita più importante della settimana fosse quella di sabato prossimo: Juve-Atalanta, infatti, vale un piccolo pezzo di zona Champions. Vincere vuol dire superare anche psicologicamente la botta di Londra e confermare di essere pienamente in corsa per le posizioni di vertice, mentre perdere sarebbe doppiamente grave, considerata la classifica e quanto accaduto a Stamford Bridge.

L’anno scorso, proprio nella sfida con i bergamaschi, la Juve disputò una delle migliori partite stagionali, prestazione ripetuta poi in finale di Coppa Italia, in particolare nel secondo tempo. Su la testa, allora.

Aggiungendo concentrazione, cattiveria e magari qualche idea in più: così, solo così, quello di ieri rimarrà solo un incubo di una notte di mezzo autunno.