I sogni son desideri, non ci sono dubbi. E se in giro ci fosse qualche perplessità, basterebbe rivolgersi a Junior Messias, il centrocampista offensivo fresco di nomina al Milan. Premessa: Messias, classe 1991, ha compiuto da poco 30 anni e fino a qualche stagione fa giocava in Serie D con il Gozzano. Dimenticato anche dagli uomini di buona volontà che, quando ne vale la pena, solitamente sanno individuare qualche talento in anticipo. Nel caso di Messias calma piatta, nulla di nulla, quasi come se fosse un appestato.

Per Junior, brasiliano dai piedi vellutati, sarebbe stato già il massimo giocare in Serie B. Cosa che ha fatto, con il Crotone, vincendo un campionato grazie anche alle sue maglie. E sarebbe stato il massimo più uno ritagliarsi il giusto spazio sul gradino superiore, quello più ambito da tutti. Anche quella cosa l’ha fatta, diventando un titolare insostituibile in A, producendo gol e fabbricando assist. Al punto che il passaparola, alla conclusione della scorsa stagione, era diventato quasi insopportabile. Questo passaparola: come si fa a non prendere un autobus al volo, agganciando Messias prima che sia troppo tardi e permettendogli di mantenere uno status conquistato con i fatti e non a chiacchiere, ovvero continuare a giocare nel campionato che non sarà il più bello del mondo ma resta il più ambito?

La retrocessione del Crotone non poteva aver soffocato quella legittima aspirazione di un ragazzo dal talento sopraffino. Quel passaparola era rimasto così innocuo, e quindi stucchevole, che siamo arrivati a lunedì 30 agosto, poco meno di 24 ore alla conclusione della sessione estiva di calciomercato. Un telefono che squilla all’improvviso, dall’altra parte del cellulare Paolo Maldini che contatta il Crotone e che annuncia: “Vediamoci per chiudere, non abbiamo più troppo tempo da perdere, andiamo decisi sul ragazzo e troviamo un accordo”. Il primo incontro poco prima delle 23 di quel lunedì 30 agosto serve per seminare, per preparare una bozza di intesa con la promessa di rivedersi nel giro di un’ora al massimo. Quando, poco prima delle 2 di martedì 31 agosto, Gianni Vrenna – presidente del Crotone – si materializza con un sorriso lungo dalla Calabria alla Lombardia, e anche un bambino ingenuo, che non si occupa di queste vicende, intuisce che siamo davvero a pochi centimetri dalla fumata bianca. Affare fatto.

I sogni son desideri che non muoiono all’alba oppure al tramonto, che magari si materializzano nella notte, come quel 31 agosto diventato all’improvviso rossonero. Messias avrebbe poi spiegato, con una sincerità disarmante: “Inutile dire che quando mi hanno avvertito che sarei diventato un giocatore del Milan, non sono più riuscito a dormire. La felicità è una cosa difficile da spiegare. Capisco che i miei nuovi tifosi avrebbero voluto un profilo più prestigioso, e di maggior nome rispetto al mio, ma sono convinto che con i fatti riuscirò a convincerli”. Boom. Già perché lui evidentemente parla come gioca oppure gioca come parla, che poi è la stessa cosa: va direttamente al cuore del problema, come quel dribbling che manda in tilt un avversario, quella veronica che crea superiorità numerica o quell’assist che accende un attaccante – eccellente il feeling con Simy – a pochi metri dalla porta.

Quando ha saputo del Milan, che lo stava sondando già da giugno ma senza decidere di affondare, Messias ha chiesto due cose ai “fratelli” dirigenti del Crotone. La prima cosa: non sparare una cifra iperbolica che potesse mettere a serio rischio il trasferimento: infatti il suo (ormai) vecchio club è passato dai 10 milioni che chiedeva originariamente agli 8 che hanno consentito di perfezionare l’affare. La seconda cosa invocata da Messias, non meno importante della prima, è stata la seguente: inutile insistere con la richiesta di un obbligo di riscatto con la concreta possibilità di far saltare tutto. E il Crotone lo ha accontentato perché innamoratissimo di un ragazzo che nulla ha sbagliato nei comportamenti e negli atteggiamenti. Prestito oneroso leggermente superiore ai 2,5 milioni, diritto di riscatto per un totale di 8 milioni. Il famoso sconto di 2 milioni, appunto, rispetto alla richiesta originaria. Ma soprattutto il dietrofront sulla formula: non più obbligo ma diritto, sapendo che in qualche modo il Milan riscatterà il cartellino. Sarebbe stato imperdonabile non permettere al ragazzo di salire con entrambi i piedi sull’autobus più assurdo e quindi più importante della sua carriera.

Messias ha vissuto due mesi difficili, anzi difficilissimi. Lo hanno cercato in tanti ma nessuno aveva affondato il colpo: il Napoli se fosse uscito in esterno; la Fiorentina su precisa richiesta di Italiano con lo scrupolo di altre priorità; il Torino, interesse certificato da almeno tre incontri senza accordo; il Sassuolo ma soltanto se fosse stato ceduto Berardi, poi rimasto; il Monza, su sollecitazione di Stroppa che lo conosce benissimo con Galliani che avrebbe scucito 10 milioni sull’unghia se la Serie A non si fosse materializzata come è poi accaduto.

Di sicuro questo è il fotofinish più bello da quando è indiscutibile protagonista in campo, nessuno può rubare simili sensazioni a un ragazzo di 30 anni che ha cercato l’oasi come quel bambino che non si pone limiti con la fantasia. Messias può giocare esterno, mezzala o trequartista, la duttilità al potere, ma non è questo il problema, sarà Pioli a decidere. La questione, risolta, è un’altra: i sogni son desideri, se diventano così belli si materializzano anche quando non ci credi o non ci speri più. Sul terreno fatato di San Siro poi è il massimo, il ragazzo brasiliano non avrebbe potuto chiedere di meglio. La tenacia al potere, più semplicemente: Junior Messias.