Negli ultimi cinque giorni di calciomercato il valzer degli attaccanti terrà desta l’attenzione. Zaza non si muove dal Toro, Llorente è andato a Udine, Lasagna ha raggiunto Juric a Verona, Scamacca resta in attesa, Kouamé è stato blindato dalla Fiorentina, Lammers aspetta di essere liberato, un classico assoluto quando siamo in pieno countdown.

Ma il vero acquisto di gennaio, qualora vi fosse il bisogno e la necessità di avere ulteriori riscontri, si chiama Josip Ilicic: da quando è tornato, lo sloveno magico ha acceso le luci, gioca e inventa da solo, fa gruppo e si estranea per tirar fuori qualche giocata illuminante. Il massimo. Lo consideriamo l’acquisto di gennaio anche se è tornato da un pezzo, dopo che le riflessioni durante e dopo il lockdown lo avevano portato a pochi passi da un clamoroso ritiro. Ma, considerato che nel girone di ritorno l’Atalanta solitamente mette il turbo e passa dalla quarta alla sesta con una facilità impressionante e disarmante, crediamo proprio che il bello debba ancora arrivare e che il signor Josip sarà più al centro della Dea, il riferimento assoluto.

Quella di Ilicic è una storia incredibile, se vogliamo, che risale al luglio del 2017. Il ragazzo che dopodomani compirà 33 anni (auguri) aveva deciso di lasciare la Fiorentina e aveva fissato un appuntamento con la Sampdoria per mettere una firma. Tutto fatto, via libera viola, doveva soltanto impugnare una pena e regalare un autografo per il famoso nero su bianco. Soltanto che, nelle ispirazioni notturne di quelle ore di Gasperini, alla ricerca di un esterno offensivo per l’Atalanta, balenò proprio il nome di Ilic. “Hai firmato?”. “No, manca poco, mi aspettano”. “Perché non vieni da me a Bergamo, sarai al centro del nostro progetto”. Una folgorazione perché Josip accettò, chiamò il suo procuratore, gli disse che aveva cambiato idea e che era stato convinto da quella telefonata accorata di Gasperini. Spesso, molto spesso, le grandi storie nascono così, quasi all’improvviso: un’intuizione, una notte trascorsa alla ricerca del nome giusto, una folgorazione, la svolta in poche ore.

Ora, se ci chiedessero una valutazione vera di mercato sul cartellino, faticheremmo a rispondere. E c’è un motivo: non ha un prezzo. Perché si tratta di uno dei pochissimi esemplari in giro per l’Europa capace di cambiare pelle e faccia a una partita nel giro di venti minuti o mezz’ora. Sembra pigro, quasi strafottente, ogni tanto avulso, ma questa è forse una fotografia che appartiene ai tempi della Fiorentina quando alternava sublimi giocate a pause quasi inspiegabili. Adesso ha vinto il jacktpot della continuità: difende il pallone, lo protegge, verticalizza, una veronica, due finte che ubriacano, il cambio di passo straordinario, il dribbling secco, gli inserimenti da dietro per una sovrapposizione vincente, il tiro che spesso è una sassata imprendibile, le punizioni al bacio. Rileggete bene, c’è tutto questo dentro Ilicic, un mondo che si spalanca e che lascia di sasso chiunque avesse la sventura di doversi imbattere nello sloveno imprendibile.

Ecco perché non esiste, non può esistere, una valutazione onesta e sincera, anche perché non stiamo parlando di un ragazzo e proprio per questo i calcoli sarebbero condizionati dalla sua non tenerissima età. Come se fosse più logico spendere 35 o 40 milioni per venticinquenni che poi non mantengono le suddette attese e soffrono a dismisura le pressioni. A casa Atalanta il signor Ilicic è stato il padrone di casa, alle spalle di Zapata e ora anche da seconda punta, a maggior ragione dopo l’esplosione di Pessina trequartista e sapendo che alle spalle ci sono i vari Miranchuk e Malinovskyi all’altezza dei titolari, più che mai motivati nel mettere in difficoltà Gasperini quando bisogna scegliere gli undici titolari. La famiglia Percassi ha saputo resistere alle tentazioni, soprattutto quando Napoli e Roma avrebbero fatto carte false per il cartellino dello sloveno. Non esiste prezzo che possa far barcollare la Dea: Ilicic avrà il piacere di di divertirsi a Bergamo per altri due o tre anni, poi sarà lui a decidere quando arriverà il momento di ritirarsi in Slovenia; la sensazione è che quando si stancherà non avrà bisogno di sollecitazioni, non è il tipo che va in campo tanto per timbrare il cartellino. Se non ci fosse il divertimento totale, la goduria di trattare il pallone come se fosse un amico di sempre, non avrebbe senso la sua presenza. E questo Josip lo sa bene, è molto più di un vademecum personale, praticamente è tutto.

C’è un ultimo aspetto che va considerato: la crisi di Papu Gomez, andato in rotta di collisione con Gasperini e uscito fuori dai giochi al punto da dover scegliere il Siviglia, avrebbe potuto minare interiormente le certezze del mago sloveno. Gomez era il suo riferimento, dentro e fuori dal campo, momenti testimoniati dai social come se fossero “compari” da sempre. Quando Gasperini disse al Papu di fare il tuttocampista proprio per liberare Josip, si aprirono crepe clamorose. Ilicic incassò male, certo, ma incassò. Ora che se n’è fatto una ragione, Gomez resterà un amico per sempre. Ma l’Atalanta, contemporaneamente, resta e resterà il suo unico, grande amore, e pazienza se il Papu è stato costretto a scendere dal carro magico, prossima fermata la Liga.