Undici su undici, record assoluto nella storia della nazionale italiana, girone di qualificazione stra-dominato, trenta punti, trentatré gol fatti, quattro subiti; insomma, una sorta di rullo compressore che ha asfaltato qualunque cosa si frapponesse tra gli azzurri e la qualificazione agli Europei del
2020.

Ecco, detta così potrebbe sembrare di aver a che fare con una squadra impressionante, dominatrice assoluta del panorama internazionale. Invece anche no. L’Italia di Roberto Mancini ha migliorato le proprie prestazioni partita dopo partita, giorno dopo giorno, raduno dopo raduno.

Sembra impossibile ma la nazionale, quella di questi ultimi tempi, viene da una disgraziata campagna direzione Russia, naufragata penosamente in una notte nefasta allo stadio Meazza per demeriti di chi stava in panchina e – dividiamole ‘ste colpe – di chi in campo ci scendeva per giocare, senza parlare dei vertici federali. Si, dai, inutile negarlo, si ripartiva da un disastro pallonaro di dimensioni colossali, senza esagerazione; l’Italietta di Gian Piero Ventura era riuscita nella fantasmagorica impresa di non qualificarsi ai mondiali, orrore.

Bisognava ricostruire da rovine, dal nulla, in un clima di negatività raramente presente nella storia della nazionale. I problemi erano sulla bocca di tutti: peggior nazionale della storia, senza futuro, senza talenti, dobbiamo copiare modelli calcistici esteri, rifondare tutto daccapo. Un cataclisma assoluto, una sfida complicata per chiunque, tant’è vero che qualche grande allenatore ha preferito elegantemente glissare la proposta di guidare gli azzurri verso una rinascita complessa, di guidarla fuori da un tunnel dove la famosa luce non si intravvedeva neppure.

Poi arriva Roberto Mancini. Uomo con un carattere non facile, poco malleabile, reduce dalla disavventura dell’Inter-bis, tralasciando il 2017/18 a San Pietroburgo, una specie di debacle che nemmeno il Mancio immaginava. Non ci vuole molto per convincerlo; l’idea di una nuova sfida, alla guida della nazionale, è uno stimolo troppo grande per essere rimandato. Rescissione coi russi e via con l’avventura. Dove Mancini dimostra, ben presto, di essere un ottimo selezionatore, per alcuni anche meglio del Mancini allenatore di club, con voglia, volontà e capacità nello scegliere i ragazzi con cui intraprendere il viaggio verso il 2020. E, soprattutto, con una precisa idea di gioco; pressing alto, recupero palla, ripartenze, verticalizzazioni improvvise ed inserimenti dei centrocampisti diventano il biglietto da visita degli azzurri.

Ora, personalmente, non credo che l’Italia sia in grado di vincere i prossimi Europei; ma, senza ombra di dubbio, ho la certezza che la nazionale cercherà di giocarsi le proprie chances contro tutti quanti. Perché, non nascondiamoci, sulla carta ci sono perlomeno quattro rappresentative più forti di noi: Francia, Spagna, Germania ed Inghilterra; con l’Olanda tornata a buoni livelli e la Croazia che, se azzecca la partita, diventa avversaria problematica da affrontare; più sorprese varie ed eventuali.

Ma i meriti di Roberto Mancini, comunque vada, restano e resteranno a lungo nella storia dell’Italia pallonara. Il tifoso, oggi, segue volentieri la squadra, è tornato l’affetto a circondare gli azzurri; l’ambiente all’apparenza, e non solo, sembra sano, senza faide interne, guerre di clan, incomprensioni e tutto il repertorio che in epoche recenti ha dato fastidio all’interno del gruppo. Ora, casomai, bisogna cercare di gettare acqua sul fuoco, spegnere i facili entusiasmi, stare coi piedi ben piantati a terra; è stato portato a termine un piccolo pezzo di percorso, il difficile inizia adesso.

Una cosa, questa si, vorrei fosse evitata; alla prima sconfitta, perché capiterà anche quella, evitiamo di ripiombare nella negatività, ricominciando col ritornello della squadra non all’altezza. Il cammino intrapreso è corretto, lasciamo lavorare il Mancio ed i suoi ragazzi. Sia mai che ci portino qualche sorpresa del tutto inaspettata.