Può darsi che per le generazioni più recenti sia normale, ma per chi segue l’Inter da tanti anni c’è una certa frustrazione nel vedere lei e in generale tutto il calcio italiano relegato ai margini, o almeno nel non vederci più protagonisti.
L’ultima squadra italiana ad aver vinto un trofeo in Europa è stata l’Inter nel 2010, dopo quell’occasione sono state raggiunte tre finali, due dalla Juventus e una ancora dall’Inter in Europa League.

La premessa si rende necessaria per contestualizzare la prestazione e l’esito della partita tra Inter e Real Madrid. L’intento di Simone Inzaghi era, proprio come quando era alla Lazio, quello di giocare un calcio propositivo, persino dominante, anche contro squadre tecnicamente più attrezzate. Oggi in Europa le inglesi, PSG, Bayern e Real rappresentano l’élite e anche grazie ad una redistribuzione dei premi praticata in modo dissennato, si è creato un gap enorme tra queste squadre e tutte le altre.
L’Inter, rispetto al 2010 dove già era indietro in termini di struttura, a meno di eventi e combinazioni straordinarie, non può competere stabilmente per vincere la Champions, tanto più che l’obiettivo dichiarato, dopo tre eliminazioni consecutive ai gironi, era quello degli ottavi.

La squadra campione d’Italia è l’espressione di un calcio barocco che sta farraginosamente tentando di trovare un modello di calcio sostenibile che avrà bisogno non solo di anni ma anche di un fattore culturalmente assente: un progetto comune del calcio italiano.
Fino a quando, ovvero sempre, l’Italia rimarrà divisa in tutto non avremo un Campionato competitivo e ci faremo superare da altre nazioni.
Fa rabbrividire che da qualche anno, più che parlare di obbiettivo sportivo si faccia riferimento ai 15/20 milioni in palio per il superamento del turno.
Oggi Inghilterra e Spagna sono molto più avanti (l’Atalanta eliminata dalla 13esima forza del torneo spagnolo ne è una dimostrazione), con la Germania c’è più equilibrio ma la loro squadra ammiraglia (il Bayern) è nettamente più forte e solida di qualunque altra italiana, da anni.
La Francia è in una situazione diversa perché ha ridotto al minimo il gap e oltre al PSG ha anche un Rennes fortissimo e pieno di talenti, anche senza soldi degli sceicchi.
L’idea di giocare senza timori reverenziali con il Real da una parte è corretta: la bontà del lavoro mentale di Inzaghi sta nel ricordare a tutti che l’Inter è un club importante e i giocatori che scendono in campo devono interpretare questa grandezza. E’ però vero che la polarizzazione che ha portato le squadre più forti ad essere ancora più forti (il Liverpool B che vince a San Siro contro l’attuale prima in classifica) dovrebbe far riflettere anche sull’opportunità di una tattica che forse tende a sopravvalutarsi ingenuamente se gioca contro il Real Madrid al Bernabeu.

L’Inter ha fatto un figurone dominando il Real per un tempo ma Ancelotti, in partite come queste, tende ad invitare gli avversari nella propria metà campo, per poi colpirli con un contropiede grazie ai suoi velocisti o approfittando di un calo della pressione per sfruttare la classe dei giocatori come Kroos, Modric e Casemiro. Non a caso il Real ha fatto più fatica con lo Sheriff a Madrid, perché era costretto ad attaccare e ha perso, nonostante l’enorme divario e i 22 tiri in porta.

Ecco, Inzaghi ogni tanto deve ricordarsi che l’ambizione è condivisibile ma contro squadre del genere è più giusto essere furbi.
Col Cagliari domenica sera c’è la necessità di far riposare di nuovo Barella e fare un pensiero anche su Brozovic, il quale non salta una partita. E’ vero che con i sardi, la Salernitana e il Torino è inevitabile pensare ai 9 punti complessivi, ma è altrettanto vero che la rosa va sfruttata anche per questo (Sensi?). La squadra di Mazzarri ha tanti giocatori interessanti come Nandez, Keità e Joao Pedro e questa si, va affrontata come se fosse il Real Madrid.