A prescindere dal momento storico, quando si parla di Inter i tifosi selezionano con la forza della percezione quelle che ritengono scorie informative, notizie tossiche e puntano su valutazioni e ipotesi positive. È però davvero difficile oggi essere certi dell’Inter che giocherà, se scenderà in campo a giugno e, in seguito, nella stagione successiva.

Il campo della programmazione non è mai stato così liquido e scivoloso come oggi; le valutazioni sul costo del cartellino dei giocatori, gli stipendi, gli sponsor e i ricavi dei club sono ancora imprevedibili ed è per questo che qui su WilliamHillnews avevo espresso una forte perplessità sulla convenienza di cedere Lautaro da una parte e l’effettiva capacità economica per poterlo prendere dall’altra.

Così è venuto fuori alla fine quello che era immaginabile: il Barcellona sperava di poter aggirare la clausola mettendo nel conto dei buoni pasto, sotto forma di giocatori, e pagare un prezzo molto più basso dei 111 milioni riferiti alla clausola. Contemporaneamente l’Inter ha iniziato a formulare al giocatore, legittimamente lusingato dai catalani, la proposta di rinnovo che era già in agenda e dalla Spagna sono arrivate le prime indicazioni sulle alternative a Lautaro Martinez come futuri attaccanti blaugrana.

La seconda tentazione è stata quella per Brozovic. Dall’Inghilterra erano filtrate conferme sull’interesse solido del Manchester United, e non solo, per il centrocampista. La clausola rescissoria da 60 milioni con la situazione attuale è una recinzione molto più alta di quella che avrebbe potuto essere in uno scenario senza epidemia e crisi economica dirompente. La clausola tra l’altro ha valore solo tra il 1° e il 15 di luglio. Marotta intende allungare l’attuale scadenza del contratto di un anno, fino al 2023, portando l’ingaggio a 4,5 milioni, dunque aumentandolo di un milione. Paradossalmente è una buona notizia che il centrocampista e l’attaccante siano tanto richiesti da squadre importanti. Certifica il livello più alto della squadra e quanto aiuti una costante ribalta internazionale che fino a due anni fa l’Inter aveva interrotto per troppo tempo.

L’ultimo caso è quello di Lukaku, il quale da casa si lascia andare a conversazioni amabili con gli amici, dimenticando però qual è il suo ruolo e quanto prende di stipendio. La comunicazione, per un uomo che vive di prestazioni e immagine, è fondamentale e in almeno due occasioni ha lasciato che a parlare fosse l’impulsività, esprimendo il suo legittimo disagio per la situazione ma sostenendo con le parole sbagliate che ci era voluto un giocatore della Juventus per sospendere il Campionato e rivelando che molti giocatori dell’Inter avevano la febbre tra dicembre e gennaio, concludendo che nessuno avrebbe mai saputo se fossero o no stati contagiati, considerando che non essendoci ancora stata una modalità cautelativa in essere, nessuno aveva fatto tamponi o controlli del genere. È stato un errore comunicativo perché, se da una parte è ovvio che lui riferisse la frustrazione per non avere il controllo delle info necessarie per tutelarsi dal virus, con il sospetto che fosse già in circolazione da molto prima di febbraio, dall’altra ha fornito un pretesto ad una popolazione dominata dalla polemica, anche pretestuosa, dalla litigiosità sterile, come quella messa in atto subito dopo le sue dichiarazioni su Instagram.

Le domande è giusto porsele, molto meno vendere la notizia in prima pagina, di un Lukaku che rivelava come l’Inter fosse “malata”, suggerendo capziosamente che la squadra avesse il contratto il virus e non avesse fatto i controlli necessari. Sui social è partita la tempesta di fango, perché chi agita il ditino e crede nella malafede altrui ha tutto l’interesse nel farlo. È un retaggio culturale che proviene proprio dalla furbizia e determina che il più pulito ha la rogna. Sulla base di questo assunto, Lukaku in futuro ricordi di essere un personaggio pubblico, limiti i suoi sfoghi e ricordi di essere in un Paese ad altissimo tasso di polemicità, per quanto superficiale.