L’Inter sta attraversando l’ennesima fase delicatissima che in questi dieci anni è diventata una pessima compagna di viaggio, capace di creare e distruggere rapidamente l’illusione di poter essere di nuovo una squadra importante con legittime ambizioni.

Dal 2011 tutto è cambiato ma, dopo aver faticato a comprendere quello che stava succedendo, il tifo nerazzurro ha capito che non avrebbe più avuto un proprietario italiano e si è adattato ad un personaggio enigmatico come Thohir; poi si è fatto abbagliare da Suning e le sue ambizioni e ora, con il Covid che ha travolto tutto, si ritrova con la proprietà che, per l’intreccio col governo cinese, non può gestire l’Inter autonomamente.

I principali quotidiani raccontano che l’Inter finirà nelle mani di un fondo d’investimento che potrebbe essere BC Partners o forse un altro, smobilitando la parte tecnica vendendo i giocatori con l’ingaggio più elevato (dunque anche Lukaku?) e ricominciando da capo con un nuovo management per la quarta volta in sette anni.
L’ambiente nerazzurro si era illuso di avere finalmente una società solida e forte, caricati dalle ambizioni di Steven Zhang, esaltati persino dalla folle idea di mandare in onda su Suning tv, l’immagine di Messi proiettata sul Duomo di Milano, per poi vedere l’Inter ceduta ad un fondo pochi mesi dopo.

Forse la speranza è che il socio sia effettivamente di minoranza ma non si può comunque dipendere sempre dai chiari di luna del Governo cinese.
In queste due settimane folli l’Inter si è fatta battere dalla Sampdoria, sfuggire una vittoria in pugno in casa della Roma, ma ha passato il turno di Coppa Italia, in casa della Fiorentina, dopo una partita complicatissima, con un Eriksen finalmente in campo senza essere sostituito, autore di una prestazione timida ma convincente, con due tiri in porta dal primo dei quali è scaturito il calcio di rigore del primo vantaggio.

Ciò nonostante il giudizio su di lui è stato ancora una volta controverso: non si riesce a giudicare serenamente Eriksen ed è il motivo per cui tra stampa e tifosi a Milano i giocatori come lui hanno sempre avuto fortuna altrove. Oggi ormai c’è una pletora di critici disposti a giurare che il danese è bravino, ma nulla più. Una carriera stroncata da un calcio che da più di dieci anni non vince niente in Europa ma crede in modo barocco che la propria concezione sia superiore.

La partita con la Juventus potrebbe non essere necessariamente uno spartiacque tra l’Inter e le sue ambizioni, perché al netto di una statistica impietosa negli scontri diretti in Campionato e in Coppa, che vede la squadra di Conte perdere o pareggiare quasi sempre, la squadra di Conte l’anno scorso si è fatta sfuggire lo scudetto perché ha pareggiato col Sassuolo una partita surreale e perso in casa col Bologna, oltre al pari con la Fiorentina. Otto punti mancanti che avrebbero fatto una differenza enorme, nonostante l’opinione pubblica sostenesse che l’Inter fosse fuori dai giochi dopo le sconfitte con la Lazio e i bianconeri.

Conte dovrà essere bravo a valorizzare la rosa, considerando che l’Inter non potrà fare calciomercato, a motivare i suoi, anche se il futuro di ognuno è incerto e continuare a fare punti con le squadre medio piccole, che sono quelli che permettono di vincere il titolo.
I discorsi sulle concrete possibilità di conquista dello scudetto sono rinviabili ad un momento di maggiore serenità perché, anche non aver ricevuto gli stipendi o essere a conoscenza di una transizione della proprietà, può aver inciso nel rendimento di questo periodo e di certo è il modo peggiore per preparare una sfida tanto delicata come quella con la Juventus.

Conte deve evitare che la squadra si deconcentri o cali troppo il ritmo, anche perché ogni volta che accade, l’Inter prende gol e la Juventus è la squadra che più di tutte sa sfruttare meglio le verticalizzazioni, specie quando gli avversari si abbassano o lasciano spazi.

Vincere sarebbe una grande risposta e darebbe fiducia a tutto l’ambiente, rispondendo in un colpo solo a tanti dubbi e risolvendo implicitamente tanti problemi.