Il pareggio con lo Spezia ha avuto un ulteriore epilogo dopo tre giorni di tensione che i tifosi hanno vissuto con i colpi di scena a ripetizione con il caso Superlega. Per 48 ore ci è stato detto e abbiamo pensato che il calcio non sarebbe stato più lo stesso, che la Champions League sarebbe stata solo un vago ricordo e lo scudetto dell’Inter sarebbe stato svilito dal nuovo scenario. I tifosi si sono in gran parte rivoltati contro la sola idea della Superlega e dopo il clamoroso dietrofront, nato sotto pressioni di ogni genere verso i 12 club scissionisti, si è arrivati a giocare mercoledì sera con un senso di svuotamento.

Il Milan, nell’anticipo, si era appena fatto battere in casa dal Sassuolo e c’era la netta sensazione che il senso di frastornamento, al di là delle smentite, potesse colpire anche i giocatori dell’Inter.
Forse è anche successo ma, rivista freddamente la partita, l’Inter è andata sotto per una mezza papera di Handanovic, ha pareggiato dopo venti minuti, dominando tutto il match, gestendo per il 65% il possesso palla e fallendo quattro nitide occasioni da gol, di cui una incredibilmente sprecata da un bolso Lukaku. L’Inter avrebbe potuto e forse dovuto vincere contro un avversario tanto rinunciatario, bravo solo a distruggere il gioco, ma è andata comunque a +10 a sei partite alla fine.
Molti tifosi hanno praticato un disappunto molto forte per l’esito della partita mettendo in discussione definitivamente il portiere, il gioco di Conte, agitandosi per la stanchezza di Lukaku.
In pratica, dopo 11 (undici!) partite vinte consecutivamente e due pareggi, con un sorpasso avvenuto sul Milan solo due mesi prima e un vantaggio avuto forse solo nel primo anno di Mancini nel post calciopoli, i tifosi nerazzurri restano ancora perplessi e preoccupati.

Una parte di stampa ha persino parlato di lezioni delle piccole squadre come Sassuolo e Spezia che hanno fermato le reprobe scissioniste, sbandierando tutta la retorica italica e mostrando un profondo disprezzo verso le squadre che hanno scelto temporaneamente di andare in quel club esclusivo, contrario (questo è oggettivo) ai principi dello sport, così come lo conoscevamo. I fattori sconcertanti restano la tempistica, la modalità e il pretesto con il quale si è arrivati all’ipotesi di scissione, venduta come inevitabile. L’annuncio nel cuore della notte tra domenica e lunedì, la reazione senza precedenti di tutta l’opinione pubblica e l’incredibile impreparazione comunicativa di chi aveva organizzato la fronda. L’idea era tenuta in piedi unicamente da principi economici, assolutamente importanti ma privi di qualunque strato culturale, tanto che nessuno è riuscito a spiegare bene la finalità, oltre ad aver inspiegabilmente lanciato la novità nel cuore della notte senza nemmeno una conferenza stampa.

Un assist formidabile per la Uefa che ha finto di sentirsi spiazzata, quando erano anni che si parlava di Superlega.
La narrazione più svilente è quella di una Uefa passata per vittima, con l’abito dei valori etici, nonostante tutti gli scandali accaduti e una politica organizzata intorno ad un principio meramente economico. Da quando esiste il fair play finanziario la ripartizione economica ha polarizzato i rapporti di forza, i campionati vengono vinti da una sola squadra per anni, salvo rare eccezioni, la Champions e la sua gestione ha creato un club a parte, una superlega nella Champions, composta da Real, Bayern, Barcellona, PSG e le inglesi. La Superlega è già in atto da anni quindi. Precisamente dal 1992, con l’addio alla vecchia Coppa dei Campioni.

La destinazione è proprio quella della Superlega in cui dare ai tifosi l’illusione di poter competere alla pari, ma ripartendo i soldi in modo tanto squilibrato da rendere il torneo solo un modo per fare ancora più soldi e abbattere i campionati nazionali, i quali a breve verranno ridimensionati anche senza la Superlega. Non hanno vinto i cattivi perché non ci sono buoni in questa storia, solo cattivi un po’ più furbi.