La partita di sabato pomeriggio alle 18, per certi versi, somiglia a quel tipo di sfida che l’Inter si è trovata ad affrontare dopo il ciclo durissimo di febbraio, quando dopo Milan, Roma, Napoli e Liverpool, era arrivata la gara col Sassuolo che sembrava la meno complicata e invece, come da tradizione, è diventata la più rovinosa.
Anche in questo caso un avversario tosto, con tanta qualità e un giocatore come Simeone che sta vivendo un momento importante della sua carriera, complice la vicinanza di Caprari e il movimento di una squadra che si ritrova persino a pensare all’Europa, grazie al lavoro di Tudor che gioca un 4-2-3-1 estremamente offensivo e portato al ritmo elevato. Anche in questo caso, nonostante tutto, c’è la convinzione che dipenda più dall’Inter ma i fatti dicono che per vincere contro squadre del genere deve andare tutto bene, a partire dalla formulazione del proprio gioco, of course.

In realtà le cose sono diverse nel modo in cui la squadra di Inzaghi arriva al confronto. A differenza di quella circostanza, l’Inter non viene da un ciclo durissimo, ha avuto più tempo per riposare e viene da un periodo quasi drammatico per come ha spento le illusioni di tanti tifosi fino alla partita contro la Juventus. La vittoria in casa dei bianconeri ha ridato speranza ma ha anche confermato i problemi atletici e/o mentali della squadra, al punto che il successo dopo 10 anni in casa juventina ha esaltato fino ad un certo punto i tifosi nerazzurri. Il motivo è che molti di loro temono si tratti di un successo velleitario se si considera il ruolino di una squadra che veniva da 7 punti in 7 partite e ha giocato una brutta partita d’andata in Coppa Italia.

Il pareggio del Milan col Bologna dimostra invece che i problemi li hanno tutti e nella corsa a tre per lo scudetto non c’è un vero favorito, anche se i rossoneri sono in testa alla classifica. Nessuno tra Pioli, Spalletti e Inzaghi ha mai vinto un titolo così importante e la desuetudine alla corsa scudetto gioca un ruolo determinante. È facile immaginare che a maggio i due allenatori che arriveranno dietro avranno molto da recriminare.

L’Inter scende in campo con Correa al posto dello squalificato Lautaro e la formazione tipo che prevede de Vrij al centro della difesa, per il resto ci si chiede che senso abbia avuto prendere Gosens se lo si mette in campo solo negli ultimi minuti della partita, non si cerca un modulo che preveda una convivenza con Perisic e, al contempo, si cerchi di lavorare alla permanenza del croato.

La partita col Verona presenta un coefficiente di difficoltà molto simile a quello avuto con Sassuolo e Fiorentina a San Siro. Nonostante il fattore campo sono arrivati una sconfitta e un pareggio. La difficoltà dell’attacco risiede soprattutto nell’assenza di una prima punta e nel lavoro di Dzeko e Lautaro che non vengono più assistiti come nella prima parte della stagione, quando in area avversaria si rovesciavano anche sette giocatori nerazzurri, non dando più riferimenti agli avversari. A differenza delle altre occasioni tornerà in cabina di regia Marcelo Brozovic, dal quale l’Inter è dipendente e con un morale decisamente rinfrancato dalla vittoria più importante in Campionato nel 2022.

A San Siro ci saranno più di 65.000 spettatori, un inedito dopo due anni di pandemia (non ancora terminata tra l’altro), che la settimana scorsa hanno creato un senso di pressione nell’attuale capolista. Giocare davanti al proprio stadio tutto esaurito può dare ansia a chi non ha l’abitudine e caricare ulteriormente chi cerca l’appoggio.
Per l’ambiente nerazzurro sarà importante non tornare all’isterismo nel caso in cui l’Inter non riesca a vincere. Le sorprese, al netto di calendari non troppo complicati, ci saranno fino all’ultima giornata. Vincerà chi riuscirà ad avere la mente più sgombra.