Henrikh è un genio, un fenomeno, il diamante della Roma e quindi della Serie A. Un lusso per gli occhi, “armeno tu” gli sussurravano i tifosi giallorossi. “Armeno tu” per dimenticare i momenti difficili, qualche sogno infranto, una proprietà che non voleva passare la mano per una svolta inevitabile, sofferta, voluta. Armeno lui lo è, uscendo dall’idioma caro ai suoi nuovi tifosi, Mkhitaryan compirà 32 anni il prossimo gennaio e forse (senza forse) sta vivendo il momento migliore della sua pur prestigiosa carriera.

Migliore per una continuità che lo sta esaltando, lo sta consacrando e sta permettendo di inviare messaggi di grande contenuto, dedicati a chi ama la Roma. Il testo: vuoi vedere che questa può essere davvero la stagione di assolute soddisfazioni, del ritorno in Champions senza mettere la firma sul quarto posto pensando che il resto sia un frutto proibito? Nessuno firma, anzi. Tutti si divertono e ammirare il gioco di Mkhitaryan diventa un totale godimento perché l’armeno sta segnando e colpendo come se fosse uno da 15-18 gol a stagione.

La premessa è obbligatoria: la Roma ha fatto un incredibile affare a prenderlo quasi gratis, condizioni strepitose in rapporto alle qualità e al talento. A luglio 2019, c’era ancora Franco Baldini come direttore sportivo, l’Arsenal si convinse a cederlo per tre milioni di prestito oneroso più bonus quasi irrisori. Un mezzo regalo, quasi inevitabile considerati i rapporti ai minimi termini, dovremmo dire inesistenti, con Emery incapace di utilizzarlo in base alle sue qualità. L’Arsenal rappresentava ormai un capitolo chiuso della sua carriera, a maggior ragione con un allenatore che stava davvero parlando una lingua completamente diversa dalla sua. Chiese di andar via, lo accontentarono sperando di spillare un prezzo di riscatto.

In realtà, a fine agosto scorso, l’Arsenal decise di risolvere il contratto per risparmiare in rapporto a un ingaggio molto alto (oltre i cinque milioni) che avrebbe consentito di respirare un po’. Per la Roma un cadeau, come quando trovi un orologio di valore da 20 mila euro a terra, vorresti restituirlo al legittimo proprietario e, non rintracciandolo, sei quasi “costretto” a tenerlo per te. Oppure, meglio ancora, rintracci il famoso proprietario che decide di regalartelo, dopo aver apprezzato non poco il gesto di grande umanità e onesta. Più o meno è accaduta la stessa cosa, con la Roma felice dell’atto di generosità che può cambiare (sta cambiando) l’intera stagione.

Il ragazzo armeno non ha bisogno di distribuire bigliettini per presentarsi. La sua carriera parla chiaro, è una mezza sentenza: lo Shakhtar come trampolino, il Borussia Dortmund per far vedere i suoi colpi, talmente lanciato che alla fine il Manchester United si accorse del suo incredibile talento e lo convocò senza pensarci due volte. Una richiesta di José Mourinho, storie di quattro anni e mezzo fa, un’operazione da oltre 30 milioni, la Premier che era anche un suo vecchio desiderio. Un gol nella finale di Europa League vinta sulle pelle dell’Ajax, ma siamo sinceri quando sottolineiamo come sia stato uno dei pochissimi lampi di un anno e mezzo troppo altalenante.

Così Mkhitaryan diventa una pedina di scambio, va all’Arsenal all’interno dell’operazione che porterà Sanchez allo United, non sarà un successo per entrambi i club. In fondo, nella sue geniali interpretazioni, il ragazzo ha pagato in modo particolare due cose: gli infortuni e la discontinuità. Ma ci sta che, dopo i 30 anni, qualsiasi occasione sia quella giusta per risalire la corrente e per cancellare qualche stagione non in linea con le aspettative. Quando va in campo, resta geniale e ispirato, basta pochissimo per rimettere la barca sulla rotta ideale.

La Roma ha rappresentato tutto questo. Un allenatore che lo ha voluto, che lo ha capito, che lo ha gestito tatticamente e non. Fonseca ha confermato tutte le sue enormi doti nel fare di un gruppo, ben dotato tecnicamente, una squadra in grado di non steccare. La formula “due alle spalle di Dzeko” sembra fatta apposta per funzionare, anzi per esaltare. E qui stiamo parlando di una sinfonia straordinaria, costata praticamente zero: tre milioni per Mkhitaryan, zero euro per Pedro, sembrano nati per giocare in coppia.

Lo spagnolo i gol li ha sempre fatti, a grandissimi livelli, e si sta ripetendo. L’armeno ne ha trovati diversi in carriera, non trascurando gli assist e le assistenze. Adesso sta aumentando la produzione, porta a casa il pallone (recentemente in casa del Genoa), poi una bella doppietta, sempre una giocata illuminante, il suo timbro come se ormai fosse un passaggio obbligato. Un lusso per gli occhi, una gioia per la Roma che – con un fenomeno così a disposizione -non firmerebbe per un succulento e ambitissimo quarto posto. Perché così c’è più gusto a giocarsela con tutti senza abbassare lo sguardo e con le ambizioni che crescono quanto un grattacielo.