C’è da sorprendersi di chi si sorprende. Il Milan era stato “accusato” di aver giocato bene ma di aver raccolto poco, molto poco, contro Inter e Juventus. Contro il Torino, terza partita dura in 8 giorni, era stato chiesto invece mediaticamente ai rossoneri di “quagliare”, di passare all’incasso, di fare punti, di non perdersi in prestazioni sterili. Fatto.

Il Milan ha vinto, ha sfiorato più e più volte il 2-0, non ha corso pericoli dalle parti di Donnarumma. Quindi? Rieccolo il nasino un po’ storto, vagamente all’insù: la partita è stata brutta…
Al buon cuore della critica, ma dopo gli sforzi mentali e atletici nel derby e in coppa Italia non ci si poteva attendere di più. A meno che oggi sul Milan la regola sia sempre e solo quella di dire la qualunque. Pur di ricevere attenzione e credito, basta che si critichi e purché si critichi. Senza fare vittimismo e attenendosi alla cronaca, anche contro il Torino è proseguita intanto la litania delle ammonizioni.

Mentre in altre gare, anche in Champions League, c’è tolleranza, sul Milan siamo a zero. Anche contro il Torino due colpi di testa perentori, puliti, di Romagnoli e Gabbia nel finale di gara, sull’attaccante avversario, sono diventati il pretesto per fischiare contro i rossoneri due punizioni da palla lunga in area e per ammonire Pioli. Tutto questo dopo che, non bastasse la falcidia di cartellini gialli di Milan-Juventus di coppa con i diffidati in prima fila, è arrivato il solito giallo a Bennacer. Il giovane algerino non sembra obiettivamente il classico “osso” di centrocampo, non è un interditore sistematico, un cattivo, un falloso per vocazione. Ma è il giocatore più ammonito della Serie A: undici gialli, in 6 mesi di Milan più di quanti ne abbia ricevuti in 2 anni di Empoli. Insomma, le statistiche dipingono un rude killer delle zone centrali del campo della Serie A italiana.

Quando sappiamo benissimo che non è così. Nessuna sindrome di accerchiamento, ma una considerazione semplice semplice: Bennacer non protesta mai, è sereno, mite, corretto negli atteggiamenti, anche a fine primo tempo Rincon lo redarguiva e lui zitto e tranquillo al rientro negli spogliatoi. Ecco, sarebbe cosa buona e giusta evitare di partire sempre da lui con le ammonizioni per gestire la partita, visto che tanto Bennacer non si lamenta mai e non protesta mai.

Il Milan di gennaio vinceva sempre, il Milan di febbraio non sempre. Si è alzata l’asticella del calendario, ci sono gli infortuni, ci sono le squalifiche, tante cose. Sembra di vedere il buon Milan di novembre, battagliero, propositivo e coraggioso contro Lazio, Juventus e Napoli, ma con un Ibra e un Rebic in più. E già che ci siamo con un Calhanoglu e con un Castillejo in più. Il turco e lo spagnolo non li ha portati il mercato di quest’anno, c’erano già. Ma sono giocatori nuovi, diversi. Il Calhanoglu trequartista, con nel mirino la porta e non più solo e a prescindere la rincorsa del giocatore avversario, è un giocatore “altro” rispetto a quello che si era visto nei primi due anni e mezzo di Milan. È incisivo, fa succedere le cose, è una spina nel fianco degli avversari, c’erano addirittura dei tifosi rossoneri che ne rimpiangevano, incredibile dictu è l’espressione del caso dei latini, la sua assenza a ridosso della gara contro i granata.

Lo stesso dicasi per Samu Castillejo, che tante partite di fila sempre dall’inizio non le aveva mai giocate. Attenzione a Castillejo: personaggio poco conosciuto agli occhi del grande pubblico, ma è uomo di spessore, non soltanto giocatore di colpi e di puntiglio. È sensibile, attento, intelligente. Samu è destinato negli anni a diventare non solo un titolare, ma anche un vero e proprio leader dello spogliatoio milanista, tema spesso affrontato nel corso di questa stagione.

Arriva la Fiorentina. Ma come? Il gioco e le ammonizioni, Calhanoglu e Castillejo, e qui non si parla di Donnarumma in fuga e di Rangnick già sotto contratto…? Ma come è possibile…? È possibile, è possibile…il calcio e il campo devono sempre avere l’ultima parola. L’intervista di Paolo Maldini aveva come genesi e come significato il rispetto del lavoro di Stefano Pioli, le sue sono state parole contro la destabilizzazione della squadra e della stagione. Con Ralf Rangnick il Milan non ha firmato nulla di nulla. Per Gigio Donnarumma, patrimonio rossonero, sia Gigio che il club faranno di tutto per trovare una soluzione per andare avanti. E in ogni caso tutto è legato al campo.

Contro la Fiorentina il Milan non gioca solo per i tre punti, ma anche per lasciarsi alle spalle l’umiliazione dell’andata. La non-partita, il non-gioco, il nulla del nulla. Questo era stato il Milan contro i viola. La speranza dell’ambiente rossonero è che Ibra faccia l’Ibra al Franchi, esattamente come Ribery fece il Ribery a San Siro, peraltro applaudito da tutto lo stadio milanese. Del resto si tratta di tifoserie di palato, di buon gusto, quando si parla delle folle rossonere e viola che hanno avuto la fortuna di veder sfilare sotto i loro occhi fuoriclasse di tocco e di tecnica di ogni tipo. Gli stessi tifosi fiorentini a maggio 2009 avevano applaudito a scena aperta l’addio al calcio di Paolo Maldini. Un pensiero che il dirigente rossonero rifarà certamente, non appena si siederà in tribuna per assistere all’ennesima verifica, al nuovo esame del Milan 2019-2020.