Il Napoli che non ti aspetti. A poche ore dai fuochi d’artificio di sabato, contro l’Atalanta, gli azzurri hanno mostrato un volto che i tifosi speravano di poter dimenticare. Balbettante e inconcludente, come in troppe prestazioni a cavallo delle ultime due stagioni.

Contro l’Az Alkmaar, come ha lucidamente osservato Rino Gattuso, il Napoli avrebbe potuto giocare tre giorni di fila, senza mai creare una vera occasione da goal. La stessa squadra che sabato ha tirato in porta 15 volte in 25 minuti…

Non è una novità, lo ripetiamo, se si pensa anche ad alcune edizioni del Napoli di Ringhio, sul finire del passato campionato. È questo l’unico, vero campanello d’allarme della sconfitta contro gli olandesi. L’antico vizio del rimirarsi allo specchio, pensando di essere abbastanza belli da meritare per diritto divino il goal della vittoria. Nel calcio, non funziona mai così. Nel calcio, capita che una squadra decimata dal Covid-19 e costretta a giocare in un modo del tutto innaturale per le sue caratteristiche, faccia grippare il tuo motore. Soprattutto, se pensi di poter andare a metà dei giri consentiti. Oltre l’atteggiamento mentale e una certa aria di sufficienza generale, ci sono anche precise motivazioni tattiche: sin dei tempi di Maurizio Sarri, il Napoli è una squadra che dà il meglio di sé contro avversari disposti a fare gioco. A concedere, prima o poi, degli spazi. Contro chi si difende e basta (e capiterà chissà quante volte ancora), devi avere un piano B. Ieri, non è riuscito a costruirlo neanche Osimhen, che due vere occasioni da goal le ha anche avute, ma malamente sprecate. Peraltro, non è questa la sua vera colpa. I goal si segnano e si sbagliano, quello che è mancato al nigeriano è la sua seconda dimensione. Quella offerta alla squadra nelle prime partite di campionato: la sublime capacità di regalare istantaneamente 20-30 metri di profondità ai compagni, scombussolando il piano tattico degli avversari. Ieri, non gli è mai riuscito, come agli altri attaccanti schierati fra primo e secondo tempo e a un centrocampo involuto e troppo compassato.

Le sconfitte sono gravi quando non insegnano nulla, pertanto la battuta d’arresto con l’Az deve essere un utilissimo esame (fallito), sulla strada della maturazione di un gruppo che sta ancora cercando la propria dimensione. Niente di più e niente di meno. Bisogna imparare a non esaltarsi, dopo una prestazione come quella di sabato e tantomeno deprimersi, dopo una partita in cui hai messo le tende nell’area di rigore avversaria, ma senza trovare il guizzo, la giocata capace di cambiare la giornata. Succede.

Domenica, nell’insidiosa trasferta di Benevento, avremo subito occasione di vedere se il Napoli avrà tratto giovamento dalla lezione. Il prossimo avversario è abituato a giocare al calcio, concedendo spazi e la Roma ne ha approfittato alla grande. Come Gattuso, però, anche il tecnico dei sanniti Pippo Inzaghi avrà l’occasione di trarre spunti dalla propria sconfitta e dalla vittoria dell’Az Alkmaar al San Paolo. Sarebbe ingenuo aspettarsi un Benevento garibaldino, quello che vorrebbe tanto trovarsi di fronte il Napoli.

Molto meglio saperlo prima e attrezzarsi per tempo.