Diversi capitoli dopo la mancata rimonta nella semifinale di Coppa Italia in casa della Juventus. Quattro temi che meritano un’interpretazione.

1) L’Inter non è andata in finale perché ha sbagliato la partita di andata, con errori clamorosi in difesa e in attacco, e al ritorno si è vista costretta a tentare una rimonta in casa dei bianconeri con la volontà di fare due gol.
È una pretesa legittima ma a questi livelli ti deve andare bene tutto. Se alla Juventus è stata regalata l’andata non si poteva pretendere che restituisse il favore al ritorno.
Eppure anche questa volta la squadra di Conte ha avuto parecchie chance per vincere contro i bianconeri, i quali si sono difesi e verso la fine sono andati vicino al gol in contropiede. L’Inter ha fatto quello che poteva ma preoccupa il capitale di occasioni che la squadra dilapida in ogni match.

2) Lukaku da più di un mese non è più lo stesso giocatore. La contrattura rimediata nella gara di inizio anno col Crotone, le voci sulla società, le provocazioni di Ibrahimovic, la reazione che non deve essere piaciuta nemmeno a lui, l’inchiesta in corso e un po’ di stanchezza potrebbe aver compromesso la sua generosità e la volontà di essere leader.
In campo non è più presente come prima, agisce proponendosi ma con più svogliatezza, meno determinazione e soprattutto risultando meno decisivo, un fatto che incide molto nel momento più importante della stagione, specie ora che ci sono Lazio e Milan da battere per poter davvero aspirare allo scudetto.

3) I giudizi su Eriksen sono avvilenti. La divisione netta tra opinionisti e tifosi sulle sue partite spiega tante cose. Utilizzato una partita ogni quattro, sempre in un ruolo diverso, una volta play basso, un’altra trequartista, un’altra ancora interno, gli viene incredibilmente chiesto di fare gol, possibilmente decisivi, assist, cross, tiri dalla distanza, pressing, correre, non fiatare quando va in panchina, entrare col sorrisone e fare la faccia cattiva. Tutto questo per avere una sufficienza. La motivazione preferita dei suoi detrattori è che essendo un giocatore di grandi qualità deve dare più di altri. Quindi i Vidal, i Brozovic e i Gagliardini giocano di più e prendono voti più alti perché sono più scarsi. In questo c’è anche il fallimento dell’istituzione scolastica del nostro Paese. Un modello di giudizio ministeriale, tassonomico, privo di interesse verso il contenuto di una partita e il valore di una persona.
Raramente si è registrato tanto pregiudizio verso un giocatore che meriterebbe di essere giudicato in modo tanto sprezzante solo se giocasse come gli altri tutte le partite in un ruolo e non risultando mai decisivo.
E’ una battaglia persa, che evoca altre vicende simili del passato e preludio ai prossimi Eriksen che arriveranno all’Inter, colpevoli di essere bravi ma non dei fuoriclasse. In panchina dunque con giubilo mentre va in campo la mediocrità nello stesso ruolo.

4) Le volgarità (e altre esclamazioni che la stampa riferisce siano arrivate per tutta la partita) di Andrea Agnelli, il dito medio di Conte, le parole grosse di Paratici all’indirizzo di Oriali, la provocazione di Bonucci a Conte, a quanto pare piacciono ai tifosi.

Gli ispettori della procura federale e il quarto uomo hanno sentito e visto tutto, ma non c’è mai una reale voglia di intervenire in modo netto da parte degli organi competenti perché è la stessa cultura che tollera le bestemmie e dice che un audio chiarissimo non si sente bene, che mostra un Ibrahimovic insultare la madre di Lukaku, il quale perde la testa e cerca di mettergli le mani addosso, che vede Gasperini e un dirigente della Lazio affrontarsi con concetti infantili su chi è arrivato prima l’anno precedente e chi ha vinto la Coppa Italia.

Tutto senza stile, senza rispetto, con una debordante volgarità e una cafonaggine che riguarda tutti. Ma a questa Italietta piace così, perché “sorprendersi è ipocrita”. Quella tra Agnelli e Conte è una storia tutta juventina ma queste vicende vengono prese a modello dai giovani tifosi ed educano alla ormai sovrastante cultura pecoreccia dello sfottò, grattandosi la pancia mentre gli interpreti se ne infischiano e ridono, se ne infischiano e ridono.