Ammetto una mia debolezza: mi diverte molto proporre e ipotizzare classifiche (il libro, il film, il viaggio o il cibo preferito, per capirci), ma non sono in grado di farle. Mi stuzzica il gioco di mettere in ordine, ma poi non riesco mai a decidere e quindi alla fine sono il primo a boicottarlo. Così, mentre la Juve sta scegliendo il proprio numero 9, passando dai mille nomi fatti nei mesi scorsi (Haaland, Icardi, Gabriel Jesus e compagnia) ai più recenti Suarez e, forse dovremmo esserci, Dzeko, mi è venuta voglia di fare la classifica dei nostri centravanti. Non dico necessariamente in ordine di bravura o di impatto, ma anche solo di preferenza personale.

Prima regola, dunque, sono esclusi in partenza quelli che non ho vissuto ma ho solo ammirato in immagini di repertorio, da John Charles a Bettega, visto all’opera per pochissimo tempo solo nel finale di carriera.

Il primo amore è stato Paolo Rossi, inevitabile per chi ha cominciato a seguire il calcio con i Mondiali del 1982 e poi di nuovo Juve, il gol all’Aston Villa, al Manchester United, ogni palla vagante in area è sua. Divide i tifosi, perché non partecipa troppo alla manovra, se non segna non se ne capisce l’utilità (ricordiamo sempre la crociata dei media e dei tifosi romanisti per portare al Mundial Pruzzo e non lui, che dopo la lunga assenza per squalifica era ritenuto ormai quasi finito). Nonostante i tanti anni difficili, impossibile dimenticarlo: è il capocannoniere di Spagna ’82 e con la Juventus in pochi anni vince tutto quello che si possa vincere, in Italia e in Europa.

Aldo Serena, solo un paio di stagioni, uno scudetto, il rigore realizzato nella serie che vale l’Intercontinentale.

Ian Rush, l’attesa spasmodica e la grande delusione (ma quel rigore nel derby spareggio per l’Europa…).

Schillaci e Casiraghi, ecco due cui mi sono legato: sarà l’idea di avere due giovani italiani provenienti da piccole squadre ed esplosi con noi, sarà la capacità di essere perfettamente complementari, lo sgusciante e il gigante, o banalmente sarà che li ho vissuti quando avevo 15 anni e a quell’età tutto sembra unico e bellissimo.

Fermi tutti, perché arriva Luca Vialli, l’acquisto da sogno, il leader di quella Samp che ammiravamo tutti, anche noi tifosi delle grandi storiche. Fatica, il Trap lo sposta addirittura a centrocampo (indimenticabile il coro, l’appello della curva: “Luca Vialli centravanti, Luca Vialli centravanti!”), ma poi arriva Lippi e in due anni fa quello che altri attaccanti non faranno mai in una carriera: il vero capitano, il goleador, quello che se fa una doppietta e ci porta da 0-2 a 2-2 non esulta, niente selfie sotto la curva, c’è da correre a prendere il pallone perché Del Piero deve fare il gol più bello di sempre. E allora ecco lo scudetto, ecco la Champions e poi l’addio. Grazie ancora, Luca, grazie di tutto.

Tocca a Christian Vieri, che sta solo un anno ma capiamo già quanto valga. Pippo Inzaghi, “Oioioi Pippo Inzaghi segna per noi”, e lui segna, eh, segna sempre, mica si fa pregare: di testa, piede, ginocchio, spalla, segna pure se Del Piero non fa gol da tempo e lui può togliergli la gioia della marcatura mettendo il suo zampino mentre il pallone sta entrando. Non elegante, non tecnico, spesso in fuorigioco, goleador eccezionale ma mai ai primissimi posti nelle mie preferenze.

David, ecco un altro fenomeno: anche lui se c’è un pallone in area non perdona mai ma, soprattutto, è tecnico, bravissimo di testa, grandioso per la coordinazione nei tiri di prima intenzione al volo. Talvolta criticato anche lui, perché non partecipa all’azione, ma datemi un altro Trezeguet e sarò felice, statene certi.

Siamo agli ultimi anni, al grande affetto per Matri, che non sarà Ronaldo ma segna sempre quando conta: Milan, Inter, finale di Coppa Italia, doppietta sotto la neve in una giornata difficile con l’Udinese, sempre col sorriso ed educato. Non il più forte, forse non tra i più forti, ma uno dei miei preferiti.

Llorente, Morata, splendidi entrambi perché sono spagnoli ma danno entrambi l’idea di avere capito subito cosa sia la Juventus, di essersene innamorati davvero al di là delle dichiarazioni di facciata. Gol pesanti (Morata ci porterà a un passo dalla Champions, segnando anche in finale) e il giusto approccio sempre, senza lagne e musi lunghi anche quando le cose non vanno per il verso giusto. Altri due cui rimarrò legato a lungo.

Mandzukic, uno di quelli cui ti affezioni per forza: spalla perfetta di chiunque, apre spazi, fa gol importanti, lotta ed è pronto anche a finire la carriera da ala sinistra, pur di giocare e contribuire ai successi della squadra. E quello sguardo cattivo, quell’idea che alla fine se c’è qualche problema la maglia la difende lui, insomma io non so se fosse solo un atteggiamento o lo facesse davvero, ma è sempre gratificante avere in campo giocatori così.

Il Pipita, poi, ma di lui ho già scritto la settimana scorsa: in breve, splendido il primo anno, decisivo il secondo, poi un declino costante ma senza mai perdere l’abitudine di fare i gol decisivi. E chi segna decine di gol a Milan, Inter, Napoli, Roma e compagnia, un posto nella nostra memoria lo conserverà sempre.

E mentre aspetto Dzeko o chi per lui, mentre non vedo l’ora di aggiungerlo tra qualche tempo a questa lista, sperando di avere tanti gol da ricordare, mi rendo conto che anche oggi ho voluto fare una graduatoria ma non ho scelto.

Se state attenti, però, se rileggete con attenzione ogni parola, se siete juventini della mia età, in fondo, la preferenza in fondo al cuore sapete qual è e una classifica, forse, stavolta riesco a farla pure io.