Se dopo un 4-1 fuori casa in Champions, con rete presa all’ultimo secondo a partita ormai finita, siamo tutti quasi annoiati, alcuni tifosi hanno cominciato anche stavolta la caccia ai singoli. Se la Gazzetta assegna alla Juve non più di un modesto 6.5, vuol dire che da qualche tempo apparteniamo comunque a un’altra dimensione rispetto a qualche anno fa. Dimensione intaccata dalle brutte eliminazioni con squadre meno quotate come Ajax e Lione, ma in ogni caso totalmente diversa da quella in cui con Pirlo-Marchisio-Vidal pareggiavamo in Danimarca contro Nordsjaelland e Copenaghen. Perché nelle partite facili – quelle in casa della quarta del girone sei sempre nettamente favorito – troppe volte non abbiamo dimostrato la differenza di livello (e ho tralasciato l’orrida partita in casa dello Young Boys in quanto eravamo già qualificati)

Ora, non nascondiamoci: il Ferencvaros è apparso addirittura inferiore rispetto alle già basse aspettative, con confusione, regali, assist ai nostri di portiere e difensori. Un disastro. Tuttavia, si trattava pur sempre di una squadra capace di eliminare Celtic, Dinamo Zagabria e i campioni norvegesi nei preliminari, prima di pareggiare contro la Dinamo Kiev in rimonta. Insomma, speravamo fosse tutto facile, ma non credevamo fino a questo livello.

Con Bonucci che stringe ancora i denti (e un giorno magari – tra una battuta e l’altra sul suo modo di difendere – gli renderemo atto dell’essere l’unico sempre presente da un anno e mezzo, in ogni condizione) e Chiellini finalmente al rientro, dietro concediamo una o due occasioni ma senza mai rischiare troppo. E davanti tutto è reso più semplice dallo straordinario Alvaro Morata di questi tempi, che mette dentro ogni palla capiti dalle sue parti: il primo gol è elementare, il secondo da fuoriclasse assoluto e intorno c’è una serie di recuperi, giocate e assistenze da attaccante completo. Anche lui, tocca ahimè ricordarlo, accolto da battutine e diffidenze di ogni tipo da parte di alcuni nostri fratelli co-tifosi un po’ troppo sazi.

E magari sarà normale fare 4 gol agli ungheresi (pur se in Champions, fuori casa, non capita così di frequente), ma c’è spazio per rivedere il sorriso di Dybala, splendidamente servito dai rivali ma intanto era lì, in area, a cercare la rete, dove vorremmo vederlo più spesso. E per un Arthur non al meglio, fa bene riscoprire un Bentancur entrato con la testa giusta, un Rabiot che cresce con il passare dei minuti, un Danilo sempre più sicuro, un Cuadrado ormai titolare inamovibile, dopo anni trascorsi in panchina nelle formazioni estive dei giornali e spesso in campo quando poi si trattava di scegliere gli undici da mandare in campo. Diligente Chiesa, costantemente all’attacco sulla sinistra ma talvolta troppo prevedibile, positivo l’ingresso di McKennie, protagonista di un bel velo sul secondo gol di Alvaro, un po’ deludente il troppo fragile Ramsey, che ci fa temere ogni volta che si accascia.

Manca qualcuno, aspettate. Non mi riferisco a Szczesny, quasi mai impegnato, o a Bernardeschi, che sbaglia anche stavolta ma è ormai diventato il bersaglio di un attacco costante dei suoi tifosi, e quindi non è il caso di soffermarcisi.

No, per una volta manca quello che di solito mettiamo nel titolo, o quantomeno all’inizio dell’analisi della partita. E va bene così, Cristiano, va benissimo se il giorno in cui mi fai arrabbiare tirando fuori e non passandola a Morata a centro area è quello del 4-1 al Ferencvaros, quello che praticamente sancisce la qualificazione con qualche giornata di anticipo.

Archiviata per un po’ la Champions, va trovata continuità in campionato, a partire dalla difficilissima sfida di Roma con la Lazio, che l’anno scorso ci ha battuto in campionato e Supercoppa, quasi sempre nello stesso modo: raccolta, compatta, ripartendo e trovando praterie nella nostra metà campo. Non averlo imparato, a un anno di distanza, sarebbe grave.
Concentrazione, pressing, copertura degli spazi, maggiore freddezza nelle occasioni che avremo a disposizione: non saranno tante come a Budapest ma possiamo affidarci allo straordinario Morata di questi tempi, a un Dybala ritrovato. E a quel tipo, con il numero 7, che vuole riprendersi il titolo dell’articolo.