Cominciamo con i lati positivi, così facciamo prima: Juventus-Barcellona non era decisiva per il passaggio del turno; se riusciremo a non superare il girone, sarà eventualmente per altre sconfitte e non per questa.

Punto due: se tu dopo nove scudetti scegli di ripartire con l’esordiente Pirlo, sei certamente convinto di poter proseguire la striscia, magari con ritrovato entusiasmo, ma metti in conto che l’inizio possa non essere facile.

Tre: so bene che il Barcellona non arrivava al meglio, con assenze rilevanti e dei giovani in campo, ma con Messi, De Jong and Co. è sicuramente più avanti di una Juventus senza Cristiano Ronaldo, de Ligt, Alex Sandro, Chiellini, con Bonucci in campo per onor di firma e con Dybala ancora in fase di preparazione (pensateci bene, scegliete i primi quattro o cinque titolari fissi della vostra Juve di quest’anno: non sono tutti ricompresi in questo elenco?). Quanto ai giocatori, mi tengo le ottime prestazioni di Danilo e Morata, le note più positive di questo avvio.

In breve: allenatore all’esordio, giocatori troppo importanti fuori da un po’, un inizio problematico era più che preventivabile.

Prima di passare ai tanti lati negativi, un’osservazione che sta in mezzo: la Juve fatica a vincere da un po’. Sembra paradossale, ma dopo la ripresa post emergenza della primavera scorsa, vinciamo le prime quattro partite e poi facciamo una fatica infernale per portare a casa i tre punti, ottenuti soffrendo contro Lazio e Samp, a dispetto di prestazioni deludenti contro Milan, Udinese, Sassuolo, Atalanta e Sampdoria. In questo campionato, peggio ancora, con una vittoria con la Samp e una con la Dinamo, oltre ai pareggi contro Roma, Crotone, Verona e la sconfitta di ieri. Qualcosa non va, insomma, che si tratti di fame (sono anni che temo un inevitabile calo degli stimoli, dopo nove scudetti di fila), qualità dei giocatori o difficoltà tattiche nel trovare il modo di disporli al meglio in campo.

Poi, però, vanno sottolineate le cose che ieri ho trovato preoccupanti: le troppe occasioni concesse all’interno della nostra area, andate in porto solo due volte un po’ per i pali e un po’ perché al Barça piace specchiarsi e divertirsi più che chiudere le partite; la mancanza di leadership di troppi dei presenti, il non sapere da chi aspettarsi la riscossa scorrendo l’elenco dei giocatori in campo; il fatto che Kulusevski e Chiesa sembrava avessero la metà degli anni e dell’esperienza di Pedri; Demiral ancora una volta troppo irruento quando non servirebbe, con il risultato di complicare anche i piani difensivi per la prossima sfida di Champions; la pessima prova di Dybala, abulico come raramente in questi anni di Juve; l’ennesimo ingresso negativo di Bernardeschi; i cambi tardivi e non incisivi; l’incapacità di Pirlo di cambiare qualcosa, di uscire da quella situazione di perenne passività rispetto al giro palla del Barcellona, da quella sensazione di essere sempre in balìa dell’avversario, per almeno settanta minuti su novanta.

Ora, è vero che la rosa senza gli assenti si è decisamente ristretta, ma se in queste righe abbiamo condensato problemi caratteriali, di gioco e di alternative, vuol dire che qualche preoccupazione deve esserci, al di là dei punti persi in campionato o in Champions. La Juve, a oggi, non dà l’idea di entrare in campo con la ferma convinzione e sicurezza di poter battere i rivali né di sapere come reagire ai momenti difficili che, inevitabilmente, ci saranno anche in futuro.

Personalmente, resto convinto che Arthur si troverà un posto e che vedere questa squadra con de Ligt, Sandro e soprattutto Cristiano Ronaldo ci farà cambiare totalmente la prospettiva. Che Pirlo meriti tutto il tempo di cui ha bisogno un nuovo allenatore che non ha fatto neanche il campionato. Che esprimere preoccupazione sia legittimo e doveroso, anche perché i punti contano e sarà difficile recuperarli, ma che questi anni ci abbiano insegnato a stare vicino alla squadra e alla società anche e soprattutto in questi momenti.
Perché ne abbiamo già vissuti – dall’addio di Conte a quell’inizio pessimo con l’apice a Sassuolo – accompagnati costantemente dalla sensazione di ineluttabilità circa l’ormai avvenuta conclusione del ciclo e ne siamo sempre usciti così: non cercando alibi e remando tutti dalla stessa parte, fino alla fine.