L’adagio è un pronunciamento filosofico che riporta qualche importante dato dell’esperienza o che ha guadagnato credibilità nella pratica. Adagio è un indispensabile tempo musicale e nel linguaggio comune significa lento. Nel gioco espresso dall’Inter c’è molto di questa parola ma c’è anche irrigidimento e una ossessiva ricerca di un tipo di movimento standard a cui tutti i giocatori in campo devono rispondere.
Il gioco di Conte funziona alla grande in determinati momenti o periodi ma in questo inizio di stagione manca qualcosa che faccia compiere all’Inter il salto di qualità, il guizzo decisivo, quello che oggi è deputato quasi ossessivamente alle giocate e alla generosità di Lukaku, al quale l’idea di gioco si appoggia ossessivamente.

L’Inter non è riuscita a battere lo Shakhtar quasi incomprensibilmente, dopo una partita dominata per più di un’ora e comunque passata più nella metà campo avversaria che nella propria anche nei restanti 30 minuti. Due traverse, una decina di azioni culminate in pericoli disinnescati, un gol a porta vuota divorato da Lautaro Martinez e un rigore netto su Lukaku, l’ennesimo in una stagione in cui all’Inter non vengono misteriosamente fischiati a favore.
Diciamo che può succedere ma c’è anche nervosismo nei tifosi per il silenzio di una società che accetta tutto, non si fa mai sentire e dà la sensazione di essere inerte.

Il disappunto c’è però soprattutto per un gioco che ha perso, da esattamente un anno, l’unico modello di giocatore capace di renderlo meno ottuso, meno prevedibile: Stefano Sensi. I suoi infortuni senza fine lasciano sconcertati, anche perché non sembrano così gravi da lasciarlo fuori così a lungo ma è comunque come non averlo. Un giocatore ipotetico che esiste solo virtualmente e nel frattempo Conte manda in campo squadre di lotta che però devono creare, lasciando in panchina un giocatore come Eriksen che potrebbe migliorare e di parecchio l’imprevedibilità della squadra. Il problema è che quando gioca è costretto a convivere con Brozovic, il quale occupa il suo posto, persino quando subentra come con lo Shakhtar a 12 minuti dalla fine, costretto dal tecnico a schiacciarsi con gli altri nei pressi dell’area ucraina mentre Brozovic, proprio lui e Bastoni (Bastoni!) impostano la manovra.

Conte sembra avere più paura di prendere gol e dei meccanismi ancora difettosi della squadra, sembra più improntato a teleguidare la squadra, usando i suoi come giocatori virtuali, di quanto non sia disponibile a tollerarne le iniziative, mostrando una certa predisposizione militare. Per lui sono soldati più che giocatori, il passaggio non deve mai essere rischioso, la giocata deve essere la più precisa possibile ma anche la meno dannosa e così i giocatori giocano senza felicità, senza armonia, muovendosi diligentemente, come quando c’era Mazzarri ma in cui vi era meno qualità.

La qualità manca anche oggi perché il gioco deve essere prima sicuro e poi anche nocivo per gli avversari. La sfortuna c’entra ma fino ad un certo punto perché è evidente a tutti che l’Inter privilegi il gioco nella metà campo avversaria, come se così potesse disporne e sfondarne la resistenza ma funziona solo se al ventesimo passaggio o lancio su Lukaku, questo riesce finalmente a liberarsi e tirare. Con Genoa e Shakhtar è stata giocata la stessa partita, con avversari che hanno lasciato tutto il campo alla squadra di Conte, intuendo la propria fragilità ma anche i punti deboli di un’Inter che orienta il suo gioco attraverso interpreti formidabili come Vidal, Barella e Brozovic che corrono ma solo con ordine. Viene chiesto a Bastoni di avanzare e lui lo fa ma poi non sa cosa fare con la palla, perciò si gira, si volta, perde infiniti tempi di gioco e ferma tutta la manovra, questo perché all’Inter non si gioca di prima. Eriksen dovrebbe giocare al posto di Brozovic, coperto dai Vidal e Barella, non con Brozo che fa lo stesso mestiere. Anche Hakimi è costretto a ricevere palloni senza usare troppo la velocità, perchè gioca nello stretto e su di lui ci sono raddoppi di marcatura.

La qualificazione è ancora più dura di quanto non fosse già stata nelle ultime due edizioni e se la dovrà disputare con il Real Madrid, che ha giocato in versione superficiale le prime due gare di Champions. Ad oggi l’Inter con le grandi non vince praticamente mai e c’è da svoltare anche in questo senso perché in serie A si può fare molto bene ma in Champions i bonus sono finiti.