Per il terzo anno consecutivo l’Inter non è stata in grado di vincere le prime due partite del girone, riducendo notevolmente le proprie chance di passaggio agli ottavi.
In tre anni altrettante eliminazioni, praticamente identiche nella stesura e col denominatore comune dell’ultima partita, considerata la più facile, regolarmente sbagliata nell’approccio.

È accaduto con Spalletti, è avvenuto ancora più sorprendentemente con Conte e sta maturando la stessa situazione con Simone Inzaghi. Le considerazioni fatte in questi anni sono sorprendentemente simili, nonostante le differenze di rosa e guida tecnica.
La prima partita col Real Madrid e, più in generale, le prime partite di Campionato avevano illuso che questa squadra fosse ugualmente, o addirittura, più forte dell’anno scorso, come ha ambiguamente detto De Zerbi prima e dopo la partita.
La sfida con l’Atalanta e soprattutto quella con lo Shakhtar hanno parzialmente ridimensionato l’ottimismo e tutta quella convinzione di poter rivincere lo scudetto e persino andare agli ottavi, che per una squadra come l’Inter è per forza l’obiettivo minimo.

Può darsi e c’è da sperarlo, che nel corso della stagione si possa arrivare a questa conclusione ma giudichiamo quello che vediamo oggi e al momento questa squadra ha delle fragilità proprio nei ruoli lasciati scoperti da Lukaku, Hakimi ed Eriksen.
Il guaio, in realtà, non è solo il risultato maturato a Kiev, quanto il fatto di aver giocato davvero male, passivamente, senza energia, pur collezionando numerose palle gol, unitamente alla clamorosa vittoria che ha ottenuto lo Sheriff Tiraspol, capace di espugnare un incredulo Bernabeu. Esattamente com’era capitato l’anno scorso allo stesso Real, quando venne battuto in casa (e anche in trasferta) dallo Shakhtar.

È un risultato che mette l’Inter nelle condizioni di dover battere ad ogni costo lo Sheriff all’andata a San Siro e al ritorno in Moldavia, un’opportunità che fino ad un mese fa sembrava del tutto ragionevole e che oggi appare decisamente più complessa.
Il fatto è che in Italia ci svegliamo ogni anno con l’aria dei leoni che devono sbranare il mondo e ci risvegliamo con la consapevolezza di contare molto poco in Europa.

I migliori risultati ottenuti negli ultimi 11 anni sono arrivati dalle finali Champions della Juve e la finale di Europa League dell’Inter, ma non si vince dal 2010. Nessuna squadra italiana fa troppa strada ma giudichiamo squadre di cui si conosce poco o nulla con sufficienza, oppure in modo tranciante realtà consolidate, come quando il Real, arrivato in semifinale la scorsa stagione, era stato liquidato come il “più scarso” degli ultimi 20 anni.

L’Inter se la dovrà vedere con una squadra moldava, che di moldavo non ha quasi niente, a punteggio pieno, tentando di risolvere le sue difficoltà che ad oggi sembrano:

1) Poca concretezza in attacco in Champions League (0 gol).
2) La posizione di Calhanoglu in fase di non possesso.
3) L’inserimento difficoltoso di Dumfries e Di Marco.
4) La condizione di Bastoni che oggi sembra lontano dal giocatore ammirato la scorsa stagione.
5) La difficoltà nel gestire la gara a ritmi bassi, senza riuscire a comprendere i propri ritmi e il piano partita.
6) I movimenti e il gioco di Dzeko, che non è Lukaku ma spesso viene cercato come se fosse lui. Il bosniaco gioca troppo senza poter rifiatare e alla sua età è possibile che finisca con l’essere poco lucido.
7) Le incertezze di Handanovic

Inzaghi non ha modi di sperimentare e verificare nulla. Gioca ogni tre giorni, deve tentare di assortire una squadra che ha da pochi mesi, con cinque giocatori nuovi. E’ quasi impossibile restare in forma e allenarsi bene in questo modo. La squadra resta competitiva ma ha bisogno anche di fermarsi e lavorare insieme almeno una settimana.