A un certo punto, per demeriti altrui intendiamoci oltre che per aver letteralmente camminato sui resti di un Barcellona che fu, il Bayern Monaco è diventato favorito numero uno nella corsa alla conquista della coppa dalle grandi orecchie. La finale ha confermato quelle che erano semplici sensazioni dei giorni precedenti. Undici partite, undici vittorie, nulla da dire e nulla da recriminare: o no?

Beh, guardando esclusivamente a ieri qualcosa da recriminare i francesi ce l’hanno, eccome: tre occasioni pazzesche tre divorate dai parigini ti portano, a questi livelli, verso una sconfitta tanto inopinata quanto corretta. Il calcio è terribile, la frase “gol sbagliato gol subito” non è il solito refrain creato ad arte giusto per raccontarsi qualcosa. Il Bayern vince ancora, soffrendo come non mai e con il suo capitano, Neuer, leader indiscusso e indiscutibile oltre che migliore in campo per distacco. Sono sincero: mi aspettavo un successo più rotondo dei bavaresi e con meno patemi d’animo. Proprio da questo inizierei a elencare, si fa per dire, i grandi rimpianti di questa strana edizione, la numero ventotto da quel 1992 quando l’Uefa decise di cambiare nome e modalità del massimo torneo continentale.

In primis non si può non citare il Liverpool, colpevole senza appello della propria eliminazione: gli inglesi avrebbe trovato un tabellone non particolarmente complicato e, forse – è un gioco questo, non una raccolta di certezze – avrebbe potuto difendere il titolo in loro possesso. Ecco, partendo da questo punto di vista vorrei sottolineare il tracollo, impensabile un paio di mesi fa, delle squadre spagnole e inglesi. Cioè, le rappresentanti dei massimi campionati continentali, Premier e Liga, esautorate senza rispetto dalla competizione, per di più meritatamente il che rende il tutto ancora più incredibile.

Restando in terra d’Albione, patatrac del City schiaffeggiato dal Lione, insieme ad Atalanta e Lipsia la vera sorpresa della stagione europea: altri 170 milioni di euro circa spesi dallo sceicco Mansour che portano a più di un miliardo gli investimenti della proprietà araba per non centrare l’ennesima finale e ritentare, magari andrà meglio la prossima volta. Delle spagnole abbiamo più o meno parlato: debacle Barca ma non è andata bene neppure al Real o all’Atletico, estromesse senza pietà alcuna.

Però, per dirla tutta, i rimpianti maggiori sono quelli di Atalanta e Psg: i bergamaschi hanno gettato al vento un’occasione pazzesca, perdendo partita e orientamento negli ultimi tre minuti di una gara che stavano portando a casa, di riffa o di raffa, stringendo i denti. Che magari poi, in semifinale, sarebbe stata tutta un’altra storia.

Ecco perché, analizzando questa Champions, non puoi non pensare a quel maledetto flipper con pallone finito per caso sui piedi di Marquinos e da lì, metri due da Sportiello, in fondo alla rete: ecco, quel maledetto flipper ha cambiato i destini del cammino europeo dei ragazzi di Gasperini e del calcio italiano in genere, vista l’eliminazione clamorosa della Juventus ad opera della settima classificata della Ligue 1, con l’aggravante di aver perso non nella partita secca – che lì tutto può capitare – ma in una andata e ritorno giocate davvero davvero male.

I parigini, alla prima finale Champions della loro storia, hanno di che recriminare: vero, sono stati capaci di eliminare il Dortmund in un ottavo che poteva nascondere non poche insidie (ma nel computo doppia sfida anche l’Inter, stiamo sempre giocando, avrebbe eliminato i giallo neri) e si sono trovati di fronte un’autostrada a dieci corsie. Raccontatemi quel che volete, ma quando una presunta corazzata quale dovrebbe essere quella dello sceicco Al-Khelaifi troverà i bergamaschi e, soprattutto, il Lipsia del mancato arrivo Rangnick in semifinale?

Si, per certi versi chiamiamola coppa dei rimpianti. L’unica certezza è che l’ha vinta la squadra attualmente, con ogni probabilità, più forte e completa del vecchio continente.