Non lo so quanto durerà, non lo sa nessuno. La notizia è arrivata come fosse una novità. Quando sarà possibile tornare a San Siro e in tutti gli stadi sarà ulteriormente surreale e la modalità del tifoso verrà ridimensionata.
Varrà anche per il turismo e le vacanze, così come per tutti gli eventi che prevedono un pubblico e soprattutto il mondo del lavoro.
Il distanziamento sociale sarà dunque applicato anche allo stadio.

Non è vero che nulla sarà più come prima e nemmeno che questo cambierà la mentalità delle persone, ma è credibile pensare che questo contribuirà a far riflettere e a integrare nuove abitudini sulla lunga distanza.
Nella vita ci siamo abituati a tutto e anche lo stadio stava già cambiando l’approccio degli appassionati. Negli ultimi anni l’Inter è riuscita a fare un lavoro straordinario portando ad avere lo stadio con tutti i posti esauriti col Sassuolo come con la Juve, una cosa che non era mai avvenuta prima, considerando che nell’era del triplete ad esempio, c’erano parecchi spazi vuoti al primo anello e al terzo, nonostante l’Inter fosse vincente e bellissima.

Il lavoro di ticketing ha esaltato la passione nerazzurra che già si segnalava come una delle tifoserie più vicine, se non la più legata alla squadra, specie se consideriamo le deludenti stagioni tra il 2012 e il 2018.
Quando lo stadio sarà di nuovo accessibile verrà incentivato l’utilizzo degli smartphone per gli acquisti attraverso le app, evitando contatti, con porte che si apriranno e chiuderanno grazie a tecnologie a infrarossi. Gli ultras, ma lo voglio vedere, saranno costretti a stare seduti e separati, più che per una questione di sicurezza, perché potrebbe essere l’unico modo per occupare uno spazio ben definito e distante, visibile anche da lontano.
Sarà già irreale questo, senza contare che è difficile comprendere chi potrà avere diritto ad andare allo stadio o chi addirittura ne avrà ancora voglia, considerando le ristrettezze e i disagi che potrebbero essere un deterrente per chi vuole solo andare a godersi uno spettacolo.

Mancherà tutta quella componente emozionale che caratterizza qualunque spettacolo perché nel caso del calcio riunisce settimanalmente delle persone che hanno quasi un bisogno fisico di riunirsi con altre in un luogo riconosciuto.
Lo stadio in generale, ma soprattutto San Siro per i tifosi interisti, mancherà soprattutto nelle sue dinamiche emotive, nell’essere casa di tutti, capace di trasferire un senso identitario grazie alle stesse sciarpe, le stesse maglie, gli stessi colori che hanno un valore simbolico perché fa parte dell’animo umano essere parte di qualcosa.

Il distanziamento sociale, il pubblico seduto a scacchiera ci farà mancare forse anche altre cose, come la riunione davanti alla biglietteria, ora che sarà necessario fare i ticket on line, l’appuntamento davanti al cancello, la birretta in uno dei baracchini che avverrà con una coda e non più con un “assembramento” disordinato che sosta davanti, l’ingresso, la salita per andare a sedersi avverrà ordinatamente e con meno persone, perché necessariamente potrà andare allo stadio la metà del pubblico.

Quella sensazione inebriante quando si è dentro davvero, i cori della curva, il riscaldamento della squadra, la pubblicità, la voce negli altoparlanti, la lettura delle formazioni, l’ingresso in campo, la partita, la fine del primo tempo, i commenti, la ripresa, la fine della partita, incazzati o felici che sia, lo sciamare delle persone che escono dallo stadio, come un formicaio che si compone verso i parcheggi, la metropolitana e il pensiero alla prossima partita.

Il vero tifo oggi dev’essere verso il rimedio farmacologico perché queste misure necessarie ci faranno vivere per tanto, troppo tempo una dimensione parallela, un presente distopico che aumenterà il disagio in persone già fragili.
Sarà già importante però che il calcio e l’Inter possano tornare a giocare senza pubblico, pur senza la certezza assoluta, che non avrà nessuno, di non restare contagiati.