Ricominciare fa sempre un po’ paura, ma sa di buono. E’ questo il pensiero più romantico che può essere venuto in mente a tante persone nel vedere i goffi tentativi di ripartenza che le diverse leghe del calcio stanno tentando di imbastire. Ognuna ha scelto una strada diversa, in questa sconfortante anarchia che traduce la desolante assenza di una leadership credibile e di una voce capace di accorpare le comuni sensibilità. L’unico elemento di unione è l’aspetto economico ma è anche quello culturalmente meno valido, come dimostrano le forti tensioni presenti anche nell’Unione Europea. Perciò ognuno si regola a modo proprio e, come spesso accade, è la Germania a fare da capofila. Sarà strano, persino bello ma soprattutto interessante vedere come i tedeschi applicheranno le nuove modalità cautelative contro il contagio, che porteranno al ritorno in campo nella giornata di sabato e domenica.

La Dfl, la Lega calcio tedesca, ha stilato 35 pagine delle norme da rispettare:

I giocatori dovranno arrivare allo stadio con le proprie auto, mentre in trasferta verranno messi a disposizione diversi pulmini per ospitare un numero ridotto di giocatori.

Le conferenze stampa post-partita, saranno online. All’interno dello stadio non potranno esserci più di 300 persone e sugli spalti sarà possibile mettere delle sagome di cartone al posto dei tifosi: una possibilità che ha esaltato i tifosi del Borussia Dortmund, i quali in vista del derby della Ruhr contro lo Schalke 04, (terminato in parità all’andata), hanno preparato ben 12.000 sagome di tifosi.

Niente esultanze con abbracci tra giocatori, tutt’ al più ci si potrà toccare con i gomiti o un piede. Naturalmente di bottiglie in comune per dissetarsi non se ne parla, così come sarà vietato sputare.

Ci sono anche altre regole ma fa sensazione sapere che i giocatori dello Schalke hanno preso un intero albergo, occupando 50 delle 200 stanze a disposizione su diversi piani.

Una delle variabili più temuta riguarda il comportamento dei tifosi che non devono sostare nei pressi dello stadio per evitare assembramenti. Insomma, sono regole che servono anche se rigidissime, perché è importante valutare se è davvero azzerabile il rischio contagio. Gli altri Paesi osservano con grande attenzione, a partire dall’Italia che ha un contenzioso economico capace di produrre un insopportabile minuetto tra lega calcio, governo e pay tv. Nessuno tra loro vuole o riesce a fare un passo definitivo verso la ripartenza. Un primo step lo ha comunque fatto la Lega con la decisione di proporre il 13 giugno come data del ritorno della serie A. Marotta tuttavia ha esposto l’impossibilità di fare il ritiro seguendo alla lettera il protocollo indicato dal governo e all’Inter hanno fatto seguito altre società. La prossima mossa toccherà inevitabilmente al ministro Spadafora.

Premier e Liga hanno indicato il 12 o il 20 giugno come data di ripartenza. Il governo inglese ha redatto un protocollo medico che prevede l’’uso delle mascherine durante gli allenamenti e l’obbligo di disinfettare le attrezzatture, pallone compreso, prima e dopo l’utilizzo. Nel caso in cui un giocatore risultasse positivo verrebbe subito isolato, senza però costringere tutta la rispettiva squadra alla quarantena, argomento che in Italia è invece opposto, perché se resta contagiato anche uno solo degli atleti si fermerebbe tutto. Il dato è tanto inevitabile da far chiedere a tutti se allora valga la pena ricominciare.

Se lo sono chiesti e si sono dati una risposta anche in Belgio, Olanda e Francia, chiudendo definitivamente i rispettivi campionati. La Juventus, qualora tutto procedesse e si disputasse Champions ed Europa League, troverebbe in agosto un Lione senza una sola partita giocata prima. Inutile sottolineare come la regolarità e l’attendibilità dei campionati sia in gran parte compromessa, ma lo scopo della ripartenza è semplicemente quello di riavviare un motore che ha bisogno di salvare questo e altri sport con il flusso economico.

Non sarà molto ma per il momento è abbastanza.