Al secolo Marcos Evangelista de Moraes, nasce il 7 giugno del 1970, esattamente cinquant’anni fa. Lui, Marcos, passa alla storia del pallone col soprannome di Cafu, scelto in onore di Moacir Fernandes, un’ala destra brasiliana amata dal padre di Marcos e il cui nomignolo era Cafuringa.

Gli inizi di carriera non sono facili per Cafu, scartato dalle rappresentative giovanili di molte squadre brasiliane di prima fascia quali Corinthians e Palmeiras ad esempio, fino all’approdo al San Paolo. Qui il ragazzo esplode in tutto il suo valore, lanciato nella mischia appena diciannovenne da Telè Santana, un guru del calcio brasiliano, commissario tecnico tra le altre cose della nazionale verdeoro con la quale viene eliminato da Spagna ‘82 dall’Italia, con la famosa tripletta di Paolo Rossi e, quattro anni dopo, da Messico ’86 dalla Francia di Platini dopo una partita incredibile, segnata dai numerosi errori dei brasiliani sotto porta, compreso un calcio di rigore sbagliato da Zico, ed estromessi proprio alla lotteria dei tiri dal dischetto con un rigore di Bellone che, dopo aver preso in pieno il palo interno, sbatte addosso al portiere Carlos ed entra in rete. L’arbitro, il rumeno Ioan Igna, convalida tra le veementi proteste brasiliane. L’episodio è clamoroso tanto che la FIFA, l’anno dopo, rivede il regolamento chiarificando il punto 14: in un caso come quello del mondiale messicano il rigore di Bellone è sempre gol. Ma torniamo al nostro.

Cafu varca l’oceano nell’estate del 1994, direzione Saragozza: in Spagna disputa 19 partite e conquista la Coppa delle Coppe. Ma dopo appena pochi mesi, torna in patria – sponda Palmeiras – dove comunque gioca poco e, due stagioni più tardi, di nuovo valigie pronte: stavolta, però, a chiamare è l’Italia, nello specifico la Roma. Marcos sposa in pieno il progetto giallorosso, integrandosi alla perfezione col gioco ultra offensivo di Zdenek Zeman, imponendosi all’attenzione degli osservatori e degli addetti ai lavori non solo italiani ma di tutto il mondo per le prestazioni di altissimo livello che sfoggia domenica dopo domenica. Vince il campionato del 2000/2001 nella capitale e, immediatamente dopo, la Supercoppa italiana. Ma le cose cambiano e nel 2003 Marcos, all’età di 33 anni, viene lasciato libero dai giallorossi, convinti che il ragazzo abbia già dato il meglio del suo repertorio: errore di valutazione enorme. Cafu va al Milan, a parametro zero, vincendo di tutto e di più. Scudetto, Supercoppa, Champions League, Mondiale per club: al suo palmarès, spaventoso, manca soltanto la coppa Italia. Resta in rossonero fino al termine della stagione 2007/2008, quando annuncia il suo addio al calcio giocato durante una trasmissione televisiva. Scende in campo per l’ultima partita il 18 maggio, contro l’Udinese, mettendo a segno tra l’altro l’ultimo gol della sua carriera professionistica a dieci minuti dal termine della gara, vinta per la cronaca dai rossoneri quattro a uno.

Ma, oltre ai successi riportati nelle varie squadre di club di cui ha vestito la maglia, Cafu in patria è una vera e propria istituzione. Con la nazionale gioca ben 142 partite, record di presenze per un calciatore brasiliano, disputando la bellezza di quattro campionati del mondo. Solo quello del 2006, eliminazione nei quarti di finale per mano della Francia poi finalista con gol di Thierry Henry, non vede la nazionale carioca protagonista: nelle altre tre circostanze Cafu porta a casa due successi, 1994 e 2002, e un secondo posto, 1998. La sconfitta di Francoforte sul Meno segna la fine del rapporto tra il fortissimo laterale destro e la maglia della rappresentativa nazionale: un’avventura lunga sedici anni, iniziata il 12 settembre 1990 a Gijòn, contro la Spagna, e bagnata da una sonora sconfitta. Marcos, oltretutto, è stato per anni capitano della Nazionale, ereditando i gradi ai mondiali del 2002 per l’infortunio di Emerson, indossandoli da allora con professionalità e dedizione.

Nel 2019 un dramma scuote la vita del grande campione: la morte, prematura, del primogenito Danilo Feliciano, stroncato a soli trent’anni da un malore durante una partita di calcio che stava disputando nella casa di famiglia, a Barueri, area metropolitana di San Paolo. Tutto il mondo sportivo, non solo pallonaro, si è stretto intorno a Marcos, campione prima fuori dal campo che sul terreno di gioco, indimenticato e indimenticabile laterale destro. Uno dei più forti e completi di tutta la storia del calcio.