Romelu Lukaku è come una banca: elargisce interessi senza soluzione di continuità. Quasi a voler giustificare il suo acquisto, storia di due estati fa, per la non modica cifra di 65 milioni più bonus. Tanti, troppi, un’enormità? In tanti si sono sbilanciati per esprimere giudizi in qualche caso senza senso. Non ci sono soldi spesi male, anche se si tratta di tanti soldi, quando il ritorno è straordinario, a livello di qualità e quantità. Ecco perché l’Inter ha fatto un grande colpo e un grande affare, anticipando la concorrenza, difendendo il vantaggio e regalandosi uno dei migliori attaccanti in circolazione. Qualsiasi altra valutazione, oggi, non conta.

Lukaku è l’Inter, questo il primo concetto da sintetizzare. Perché, quando c’è, cambia il mondo, lo vedi tutto a colori, la leadership di chi sa caricarsi la squadra sulle spalle e la porta all’approdo, superando ogni tipo di difficoltà. La stupefacente realtà già durante la prima stagione nerazzurra: i duetti con Lautaro, come se fossero in coppia da una vita, in realtà si erano appena conosciuti e filavano d’amore e d’accordo con una continuità impressionante. Lukaku cercava Lautaro con uno sguardo e lo trovava, assolutamente ricambiato dal gemello argentino.

Se avete riavvolto il nastro e siete tornati indietro con la memoria, recuperate gli eventi degli ultimi giorni. Derby con il Milan, cinque minuti appena consumati: Lukaku che spadroneggia a destra, che smazza l’assist e che trova Lautaro smarcatissimo nei pressi del secondo palo per una deviazione che sblocca il risultato già all’alba. Lasciamo perdere i rimediabilissimi errori di posizione della difesa rossonera, questo è materiale per Pioli, ma loro due (i nemici nerazzurri) erano assolutamente operativi, con i motori sempre accesi, perché non esiste partita senza un mucchio di idee, di giocate, di gol e di assist.

Antonio Conte se ne era innamorato ai tempi del Chelsea, ritenendolo il centravanti ideale per esprimere la sua idea di calcio. A quei tempi non fu possibile, semplicemente perché dall’Everton andò al Manchester United. Al Chelsea c’era stato, ma non l’avevano capito e se ne erano sbarazzati con una facilità impressionante. Quando hanno provato a riprenderlo, hanno trovato la porta sbarrata e una valutazione inaccessibile. Funziona spesso così: hai un tesoro in mano e non riesci a valorizzarlo, non te ne accorgi e immagini che sia bigiotteria.

Il Chelsea lo aveva pagato 12 milioni nel lontano 2011, pescandolo nell’Anderlecht dopo relazioni eccellenti. Quando lasciò definitivamente i Blues, estate del 2014, l’Everton scucì 28 milioni di sterline, a quei tempi l’acquisto più costoso nella storia del club. Se ci pensiamo bene, alla luce delle ultime valutazioni e malgrado le restrizioni post Covid, stiamo parlando di un pugno di noccioline o quasi. Controprova: quando l’Everton lo mise sul mercato per mandarlo al Manchester United, era il 2017, la cifra pagata fu quasi il triplo rispetto a quanto era stato investito tre anni prima, operazione da 75 milioni di sterline. Più altri 15 di bonus, legati al rendimento e agli obiettivi dello United: insomma, fu spesa una fortuna.

Andiamo oltre: l’Inter ha investito i famosi 65 milioni più circa 10 di bonus, parliamo di milioni di euro – rispetto ai 75 di sterline – quindi nella cessione il Manchester straricco ci ha rimesso. A fare la differenza fu l’addio di Mourinho e l’avvento di Solskjaer che portò Romelu quasi ai margini, con tanti saluti al posto fisso da titolare. Possiamo tranquillamente dire che la gestione dello United sia stata molto opinabile. E che i rimpianti magari non avranno fine. Perché uno come Romelu, se davvero è tuo, va difeso a prescindere dai chiari di luna dell’allenatore di turno.

L’Inter ha preso Lukaku nel pieno della maturità: deve ancora compiere 28 anni, il prossimo maggio, e possiamo tranquillamente dire che con il suo fisico non possono esserci limiti, può giocare ancora per una…vita. L’impostazione di Conte stabilisce un concetto di squadra che non privilegi lo spettacolo, la concretezza è la prima cosa, e che preveda “palla a Lukaku” nei momenti più difficili. L’Inter ne ha sofferte tante, ma quando le ha sbloccate è passata – al 90 per cento dei casi – attraverso il gigante che produce pentole e coperchi, che non vuole stazionare in area, che può andare a fare l’esterno per collezionare palloni invitanti e per dare ampiezza alla squadra. Ampiezza a forze di spallate, di giocate, di sportellate, di incursioni coast to coast, senza pensare alle energie da centellinare: è come se avesse una bombola di ossigeno incorporata.

Lukaku di testa, di potenza, di rapina, in diagonale, sul primo palo, in acrobazia, con una varietà impressionante. Il suo repertorio non ha limiti, soluzioni infinite. E proprio per questo motivo resta, forte, il rimpianto di non aver onorato nel migliore dei modi le due stagioni europee, con l’aggravante di una finale persa contro il Siviglia che ancora brucia.

Lukaku ha segnato negli ultimi cinque derby di fila, a Milano è come se avesse staccato il tagliando per la riconoscenza eterna. Ma evidentemente non è ancora finita. C’è stato un momento, nell’estate del 2019, in cui la Juve ha provato veramente a inserirsi. A chi non sarebbe piaciuto avere Romelu dentro un roster già competitivo? Paratici ha tentato il sorpasso in curva, inserendo Dybala nella trattativa ma immaginando che mai e poi mai Paulo avrebbe accettato il trasferimento al Manchester United, ritenendo la Premier un campionato fin troppo triste per le sue caratteristiche tecniche. Ma anche se, facciamo un’ipotesi, Dybala avesse aperto a quello scambio clamoroso, Marotta si sarebbe messo di traverso. E Romelu, come poi ha dichiarato, non si sarebbe rimangiato la parola data a Conte, quello che ritiene il miglior allenatore al mondo. Ecco perché la banca Lukaku ha già dato gli interessi all’Inter, che non vede l’ora di riscuoterli completamente. Quel conto è già stato intestato e ha una parola chiave, si chiama scudetto.