Il Papu ballava talmente bene, anche con il Gasp e per il Gasp, che l’Atalanta era davvero una grande oasi, chiedimi cos’è la felicità e ti rispondo in pochi minuti. Però la vita è strana e tutto può cambiare nel giro di un attimo, di qualche attimo, all’interno di un’incomprensione che per qualcuno può diventare mancanza di rispetto. È quanto accaduto tra Gasperini e Papu Gomez: nessuno avrebbe potuto pronosticare, forse neanche immaginare, che una nube avrebbe provocato qualche rovescio, addirittura che un temporale si sarebbe trasformato in una bufera, poi in una tempesta senza ritorno.

Tra Gasp e Gomez siamo ai titoli di coda, forse abbondantemente oltre: non è una sorpresa se pensiamo ai caratteri dei due diretti interessati, ognuno con certi indissolubili e intoccabili principi. Ma è molto più di una sorpresa se pensiamo a quanto accaduto negli ultimi anni, a un patto d’amore calcistico tra l’allenatore artefice dei sogni realizzati e il fantasista che di quei sogni è stato il principale interprete nel passaggio dalla teoria alla pratica. Impossibile immaginare che sarebbe finita così.

Invece, a meno di clamorose sorprese, finirà proprio così.

Gian Piero Gasperini è un grandissimo allenatore, lo dicono i fatti e i risultati, con principi indissolubili e un carattere non modificabile. Se lui decide che deve funzionare in quel modo, che tatticamente la musica deve cambiare, che la tua posizione in campo non può essere più quella di prima per il bene del club, così è e nessuno fiati. Ti puoi chiamare Gomez oppure chissà chi, il concetto non cambia di una virgola. Puoi essere il Sindaco della squadra, il portavoce riconosciuto oppure il magazziniere, le decisioni sono sempre le stesse. Non a caso Gasperini a un certo punto ha dichiarato: “Con me Gomez ha giocato 195 partite su 200”. In fondo, l’ennesimo messaggio della serie: “fino a quando le cose sono andate in un certo modo, non sei mai stato in discussione; quando hai pensato di essere indispensabile al punto da decidere dove avresti dovuto giocare, l’ultima parola è rimasta la mia e a quella ti devi adeguare”.

Ma Gomez non si è adeguato, le incomprensioni si sono trasformate in una rottura insanabile, la società si è schierata con Gasperini (non avrebbe potuto fare diversamente) anche perché la situazione non ha lasciato strascichi all’interno dello spogliatoio. Di solito, quando il coinvolto è un asso di denari come il Papu ci sta che qualcuno possa prendere le sue difese con spaccature che metterebbero l’allenatore in una posizione di chiara difficoltà. Stavolta non è andata così: la mediazione della famiglia Percassi non ha portato a una interlocuzione risolutrice tra l’argentino e l’allenatore, ma di sicuro dentro lo spogliatoio non ci sono stati seguaci tali da mettere a repentaglio qualsiasi equilibrio.

E così se la situazione è quella di un calciatore contro l’allenatore, è normale che la proprietà si schieri con Gasperini, pur essendo riconoscente a Gomez, perché stiamo parlando del “maggiore valorizzatore del magazzino”. Ovvero della persona che, con il suo incredibile lavoro, ha consentito di accumulare plusvalenze su plusvalenze, una ricchezza incredibile: come si potrebbe non essere riconoscenti a chi ha permesso al club di essere uno dei più ricchi in circolazione con il bilancio perennemente tutelato e in attivo?

Adesso i problemi sono almeno un paio, sintetizziamoli: bisogna trovare un club che abbia assolutamente il gradimento del Papu, ma deve anche esserci il placet dell’Atalanta e non sono incastri semplicissimi. Gomez andrebbe bene per qualsiasi top, fermo restando che non è semplice entrare a gennaio in meccanismi già collaudati. La Juve si è tirata fuori, almeno a parole, e vedremo se è solo strategia; all’Inter interesserebbe soltanto a condizione che ne uscissero un paio a centrocampo, situazione da seguire, ma senza dimenticare che i nerazzurri hanno puntato (per il futuro) su un centrocampista con caratteristiche diverse come De Paul. Il Milan è alla finestra, partendo dal presupposto che la linea della società è quella di investire su giovani di assoluto talento. Gomez può essere un’eccezione, come lo è stata Ibrahimovic, ma adesso restiamo davvero nel campo delle ipotesi.

E poi c’è il discorso della valutazione, un’altra situazione non semplice, una matassa vera: se Gomez pensasse di liberarsi a zero, probabilmente penserebbe male perché l’Atalanta non può regalare il cartellino. E deve stare anche molto attenta, passaggio da non snobbare, al pericolo di non rafforzare una concorrente diretta nella corsa al quarto posto e non solo. Quindi, c’è un filo spinato non semplice da scavalcare per guadagnare il territorio del Papu. L’Atalanta ha intenzione di chiedere dai dieci milioni in su e ne andrebbero aggiunti almeno un altro paio abbondanti (al lordo è più o meno il doppio) per il cartellino dell’argentino. Operazione non comodissima, considerando che stiamo parlando di un quasi trentatreenne, bravissimo, ma non più ragazzino.

Siamo sinceri: la soluzione migliore di questa vicenda sarebbe un disgelo, una pace improvvisa, qualcosa che oggi – alla luce dei fatti – sembra assolutamente non pronosticabile. Si sa come funzionano certe cose, quando i caratteri prevalgono sulla logica, quando la logica è superiore al sentimento, quando l’allenatore ritiene che il rispetto sia venuto meno e non esiste mezza possibilità di ripristinarlo, diventa complicato far finta di nulla e ripartire come se nulla fosse accaduto.

L’Atalanta ha avuto e avrà un pregio in questa storia: ha agito sul mercato estivo trovando mille soluzioni, come se fosse un presentimento dinanzi a un’improvvisa bufera. Miranchuk ha altre caratteristiche ma sarà un nuovo acquisto da gennaio in poi, Ilicic è tornato, l’assorbimento negli ultimi trenta metri è da primissima classe non treno accelerato che ferma in tutte le stazioni. Certo, resterà il rimpianto di avere rotto un incantesimo che sembrava eterno, ma questo è davvero un altro film, non più in onda – almeno in queste ore – a Zingonia e dintorni.