L’idea, perché solo di idea si tratta essendo alla quarta giornata, è che non sarà il solito torneo, quello al quale siamo abituati da anni a questa parte. Una squadra a dettare ritmi e tempi, le altre che battagliano finché possibile poi, improvvisamente, si spengono e il tutto si riduce a un monologo del vincitore di turno.

Certo, un dato di fatto da cui partire c’è, inconfutabile a quanto raccontano i risultati: ci sono le milanesi, c’è il Napoli, la Roma vedremo, la Lazio attuale mica troppo. Manca, va sottolineato, la Juventus. Manca, senza stare a girarci troppo intorno. Manca per demeriti personali, al netto di errori marchiani da parte dei singoli. Manca perché, a oggi, non ha un capo né una coda: il centrocampo latita, dietro non esiste più quella sensazione di compattezza che aveva contribuito a costruirne le fortune, davanti dipende dalla vena e dall’estro di un Dybala ancora indietro di condizione, dal Chiesa che quando è assente si sente oltre ogni norma e logica, di un Morata ottimo centravanti ma certamente non tra i top ten mondiali attualmente. Contro un Milan incerottato che più incerottato non si poteva, Madama gioca un primo tempo discreto, non eccezionale, meritando il vantaggio senza ombra di dubbio, per poi sparire inspiegabilmente nella ripresa, ostaggio senza se e senza ma dei rossoneri che prima pareggiano, poi rischiano di portare a Milano i tre punti negati dalla parata pazzesca di Szczesny su Kalulu a quattro minuti dal  fischio finale. Ora la vetta per i bianconeri è a otto punti: in una situazione diversa potrebbe essere niente ma la Juventus attuale sembra priva di quella cattiveria agonistica con cui vinci sette barra otto partite cercando, in tutti i modi, di ricucire uno strappo già importante.

L’Inter liquida la pratica Bologna senza grandi difficoltà, con Handanovic sugli scudi grazie a un intervento prodigioso su Soriano pochi minuti dopo il vantaggio di Lautaro, nuovo volto della nuova Inter. Poi l’uno-due firmato Skriniar e Barella chiude definitivamente i giochi, col secondo tempo utile per passerella e allenamento. I nerazzurri, in rete da oltre venti partite, hanno segnato quindici reti con nove giocatori differenti, segno di un’attitudine a trovare la via del gol sulla quale possono contare pochissime concorrenti.

Non bene Mourinho a Verona. Nonostante il mostruoso Pellegrini di questo periodo i giallorossi incappano in una serata balbettante: il Verona targato Tudor è concreto, volitivo, non molla di un centimetro e vince con pieno merito. Anzi, per dirla tutta, senza Rui Patricio poteva finire diversamente, coi gialloblù che nella ripresa hanno dato l’impressione di essere in totale controllo di quanto stava accadendo sul campo. E non è che la sponda biancazzurra della capitale stia molto meglio: una fucilata di Cataldi a sette minuti dal termine toglie le castagne dal fuoco a Maurizio Sarri e la Lazio respira, si fa per dire. Mazzarri imbriglia ben bene Immobile (gran gol il suo) e compagni, i rossoblù sardi sciorinano giocate importanti e tornano a Cagliari con un punto più che meritato.

Fondamentali i successi dello Spezia a Venezia, contro una delle avversarie dirette per la permanenza nella massima serie, e del Toro a Reggio Emilia contro il Sassuolo. Juric sembra aver trovato il ritmo  giusto e i granata sono alla seconda vittoria consecutiva, molto più netta di quanto racconti l’uno a zero finale. Vincono anche l’ottima Samp di D’Aversa e l’Atalanta del Gasp, costretta dalla Salernitana agli straordinari. Così come vince la Viola sul campo del Genoa e attende, dall’alto del grande momento di forma in cui versa, l’Inter domani sera al Franchi.

Il tutto in attesa di Udinese-Napoli: dovessero vincere i friulani aggancerebbero le milanesi in vetta mentre il Napoli, sempre in caso di successo, sarebbe l’attore principale della prima fuga di questo strano inizio campionato.