Fine settimana calcistico strano, particolare, sicuramente poco rispettoso delle regole presunte o, meglio ancora, delle previsioni sulle quali neanche Nostradamus avrebbe potuto molto.

Fatta eccezione per Napoli e Roma – agli azzurri va benissimo, non bene; ai giallorossi il Genoa stende un tappeto rosso ma il Grifone, in questo inizio campionato, è passato attraverso tante di quelle traversie pallonare che demonizzare gioco o punti conquistati appare sensatamente fuori luogo – il resto dell’alta classifica è un susseguirsi di rimpianti per vittorie buttate al vento, pareggi all’ultimo secondo, sostituzioni tardive o sbagliate. Che, col senno del poi, siamo bravi tutti quanti a fare gli insegnanti al supercorso di Coverciano.

Inizia la sagra del rimpianto il Sassuolo venerdì sera: vincere avrebbe consegnato ai ragazzi di De Zerbi la vetta della classifica, ma nel confronto con l’Udinese sono i bianconeri friulani a doversi rammaricare per l’occasione sprecata. Poco neroverde in campo, molto cuore di Luca Gotti e dei suoi. Raddoppi, ripartenze, concentrazione, con De Paul sugli scudi a dettare tempi e modi di gioco ai compagni: con questa tenacia tornare a navigare zone più tranquille non appare un’impresa, anzi.

Continua la sagra con la Juventus raggiunta in zona Caicedo dalla Lazio. I bianconeri disputano una gara abbastanza accorta, nella quale non rischiano moltissimo trovandosi in più di una circostanza a un passo dal chiuderla. I biancazzurri, dal canto loro, largamente rimaneggiati e certo non tranquilli vista la situazione attuale a Formello – il ministero dello Sport dovrebbe dare risposte concrete al caos che sta circondando il mondo del calcio, vedremo se e quando sarà intenzionato a farlo – hanno estratto dal cilindro la prestazione non diciamo perfetta ma quasi, vista oltretutto la latitanza del loro uomo più in vista nell’occasione, e cioè Milinkovic-Savic. Pirlo dovrà lavorare, pure molto, su un equilibrio che i torinesi non hanno ancora trovato: la Juventus fino a oggi, Lazio a parte, non si è scontrata con nessuna delle cosiddette “grandi” vere o presunte, ha 13 punti, tre dei quali assegnati per una partita non giocata, e resta nel gruppone delle inseguitrici. Sarà un momento particolare, lo è per molti club importanti non solo tra i confini nostrani, ma i bianconeri, a volte, danno l’idea di balbettare più che proporre. Il centrocampista campione del mondo a Germania 2006 si è preso in carico una bella gatta da pelare.

In corteo, sempre quello dei rimpianti ovviamente, troviamo l’Inter: Antonio Conte, stavolta, in nome di un equilibrio perduto, parte senza Hakimi, fiore all’occhiello della campagna estiva di rafforzamento, per dare spazio al più prudente Darmian. Il risultato, in realtà, si è visto: i nerazzurri hanno di fatto disinnescato l’attacco atalantino, mai pericoloso nei primi 78 minuti di gioco. Oh, non è che l’Inter abbia messo in mostra chissà quali trame scintillanti, ma se non altro ha rischiato praticamente zero. Oltretutto un gran gol di Lautaro sembrava aver spianato la strada alla Beneamata prima del tentennamento di Handanovic – non particolarmente fortunato nell’ultimo periodo – che ha consentito il pareggio orobico. Casomai il problema sta non tanto nella non reazione interista, quanto nel terrore che ha attanagliato la truppa di Conte durante gli ultimi, interminabili, dieci minuti.

Per chiudere la lista parliamo di Milan: rossoneri assenti non giustificati nel tratto iniziale della partita, rimessi poi in pista da un’autorete fortuita, padroni assoluti del campo nel secondo tempo in cui hanno messo insieme una lunga sequenza di tiri verso la porta dell’Hellas che non si vedeva da anni, un rigore sbagliato da Ibra – ormai sta diventando una spiacevole abitudine – poi pali, mischioni da paura, possesso palla schiacciante e superiorità impressionante. E, alla fine, un punticino, raccattato nel recupero. Dall’altra parte prova maiuscola dei gialloblù, dominatori assoluti della prima mezz’ora e che forse, senza quell’autorete sfortunata, avrebbero continuato a condurre le danze con relativa tranquillità. Comunque sia il Milan rimane in vetta ma il rammarico, per non aver allungato, c’è, eccome.

Ora sosta, assolutamente inutile, per le nazionali: non ne sentivamo la mancanza, visto il periodo.

Ultima, brevissima, considerazione: tra le prime quattro attuali non ce n’è nemmeno una di quelle che stanno disputando la Champions League: un caso o semplice e sfortunata serie di eventi?