Siamo alla vigilia di Napoli-Juventus, “la partita” per antonomasia per i tifosi partenopei: la aspettano tutto l’anno e, ovviamente, la vogliono vincere. È una sfida che per molti va al di là del calcio, perché la Juventus nella retorica napoletana rappresenta il potere calcistico del nord. Per fare una sintesi: il male del “Palazzo”. Il Napoli, di conseguenza, rappresenta la genuinità del calcio, il gioco pulito e soprattutto identifica in un’intera città e in tutto quello che rappresenta perché troppo spesso il calcio, in modo particolare nelle piazze calde del sud, si trasforma in una battaglia identitaria.

Passare da una parte all’altra della barricata è considerato un peccato mortale a tutti gli effetti, superiore a qualsiasi altra cosa. Nell’estate 2016 si è consumata una tragedia per i tifosi del Napoli, che hanno visto passare l’idolo del momento, fresco primatista di gol in Serie A, dall’altra parte della barricata. Il trasferimento di Gonzalo Higuain alla Juventus rappresenta ancora oggi una ferita aperta perché l’argentino era stato idealizzato; nell’immaginario dei tifosi partenopei era diventato anche lui un napoletano verace, uno pronto a fare di tutto pur di opporsi allo strapotere del nord, un po’ come fece Maradona a suo tempo.

I tifosi napoletani si consolarono momentaneamente sapendo di avere ancora con loro Maurizio Sarri, già diventato per tutti “il comandante”, l’uomo sempre in tuta da ginnastica, quasi geneticamente incompatibile con chi rivendica uno stile che nessun altro gli riconosce. Anche lui, ovviamente, veniva percepito come il condottiero dei giusti contro i demoni, in prima linea in questa eterna battaglia. E c’era un’unica grande certezza consolatoria: senza Sarri in panchina, Higuain non avrebbe mai segnato così tanto perché era proprio l’ex allenatore empolese il segreto del suo successo.

Effettivamente l’anno dopo Higuain segnò meno, senza che però questo impedisse alla Juventus di vincere l’ennesimo Scudetto. E allo stesso modo andò anche l’anno dopo, quando proprio Higuain segnò il gol scudetto nel big match contro l’Inter. Il tutto nella stessa giornata di campionato nella quale il Napoli di Sarri andò a suicidarsi (sportivamente parlando) sul campo della Fiorentina, dicendo così addio al sogno di uno Scudetto che sembrava ormai aver preso la strada che porta verso il Vesuvio.

Il comunque splendido secondo posto, con tanto di record di punti, non bastò al Presidente De Laurentiis, che individuò proprio in Sarri l’elemento da accantonare per puntare su un allenatore con un pedigree vincente. Così nell’estate 2018 arrivò un divorzio che deluse moltissimi tifosi del Napoli, alcuni dei quali quasi inconsolabili nonostante l’arrivo sulla loro panchina di un super big come Carlo Ancelotti.

Sarri finì invece al Chelsea dove ha vinto il suo primo ed unico trofeo a livello professionistico: l’Europa League. Molti tifosi napoletani hanno continuato a seguirlo anche nel suo anno oltremanica, perché ormai erano diventati tifosi del sarrismo che, sempre nell’immaginario, rappresentava anche la ‘cazzimma’ napoletana.

La scorsa estate è arrivata l’ennesima coltellata per i tifosi azzurri, la materializzazione dell’incubo più assoluto: anche Maurizio Sarri è passato “dall’altra parte”, diventando il nuovo allenatore della Juventus dopo Massimiliano Allegri. Uno shock assoluto per il popolo partenopeo, che ha fatto fatica a comprendere come fosse possibile che proprio lui, “il comandante”, potesse mettersi al servizio del “male”.

A rendere ancora più amara la situazione è arrivato anche il ritorno di Higuain alla Juventus, rientrato alla base con l’obiettivo di restarci dopo un anno trascorso a metà tra il Milan e proprio il Chelsea, dove per la prima volta ha ritrovato Sarri in panchina. 

Il 31 agosto scorso, poi, si è consumato l’ennesimo dramma. Il Napoli di Ancelotti, che avrebbe dovuto vendicare il tradimento, perde sul prato dello Stadium al termine di una partita che neanche il più sadico degli sceneggiatori horror sarebbe riuscito ad immaginare. Al 62esimo la Juventus vince già 3-0 e tra i marcatori figura anche Higuain. La partita sembra chiusa con 10 mandate, ma poi succede l’incredibile perché in 15 minuti il Napoli segna 3 gol e sembra addirittura pronto, nel finale, a vincerla con un gol beffa. 

La sorte, però, riserva ben altro finale agli azzurri, che perdono 4-3 per colpa di un autogol clamoroso di Koulibaly. Già, proprio lui, il giocatore che solo un anno prima aveva deciso lo scontro diretto al 90esimo minuto, quello che sembrava essere il preludio alla vittoria dello Scudetto del Napoli sarriano.

In questi mesi a Napoli è successo di tutto: la squadra ha litigato con la proprietà, Ancelotti è stato esonerato e il Napoli è scivolato fino all’undicesimo posto della classifica, abbandonando i sogni Scudetto già a fine novembre. La Juventus, invece, ha continuato a recitare la sua parte e anche alla vigilia di questa nuova sfida è prima in classifica con 51 punti, ben 27 in più del Napoli.

Solo una vittoria al San Paolo potrebbe far tornare il sorriso ai tifosi partenopei, ma sarà tutt’altro che semplice perché la squadra, nonostante la boccata d’ossigeno rappresentata dalla partita di coppa Italia, sembra ormai allo sbando oltre ad essere priva di diversi big.

Gli altri grandi doppi ex

Sarri e Higuain sono solo gli ultimi due ex di questa sfida. Tra i grandissimi c’è Omar Sivori che giocò per gli azzurri dal 1965 al 1969 dopo essere stato per 8 stagioni il giocatore simbolo di una Juve vincente come sempre. A Napoli fece coppia con l’italo-brasiliano José Altafini, che nell’estate del 1972, a 34 anni, fece il percorso inverso trasferendosi a Torino per restarci 4 anni. Per tutti, a quel punto, divenne José core ‘ngrato.

Insieme ad Altafini, dopo 5 stagioni, lasciò Napoli anche il taciturno Dino Zoff, anche lui diventato poi una bandiera del “male”. Nell’estate 1994 si consumò un altro dramma sportivo quando Ciro Ferrara, napoletano cresciuto nel club e capitano del post Maradona, passò ai bianconeri. Anche Ferrara è diventato una bandiera a Torino, benché non mancò mai di sottolineare come andò nel suo caso: la sua cessione fu decisa dalla società, che non arrivò neanche a proporgli un rinnovo a causa delle pressanti difficoltà economiche che si trascinarono fino al 2005, quando il club arrivò al fallimento.

Ciro Ferrara venne idealmente sostituito da Fabio Cannavaro, anche lui napoletano ed anche lui cresciuto nel club. Per le stesse ragioni, però, pure il futuro capitano dell’Italia campione del mondo lasciò Napoli l’estate seguente per trasferirsi al Parma, per poi arrivare anche lui a vestire la maglia della Juventus dal 2004 al 2006 e successivamente nella stagione 2009/2010.

Proprio il 2010 fu l’anno nel quale Fabio Quagliarella divenne un altro core ‘ngrato, perché lasciò Napoli per diventare anche lui bianconero. Un vero incubo per i napoletani, che l’avevano già eletto a giocatore simbolo dopo un solo anno di militanza. Fabio dopo anni è stato perdonato dai più, ma solo quando si venne a sapere che fu costretto a lasciare Napoli perché vittima di una vera persecuzione architettata da un agente di polizia, autore di diverse lettere diffamatorie che arrivarono anche al Presidente De Laurentiis. 

In quelle lettere anonime c’era di tutto: si parlava di affiliazioni alla camorra e di rapporti sessuali con minorenni. De Laurentiis provò a rifilare un “pacco” alla Juve, ma poco dopo si scoprì che quelle sul conto di Quagliarella erano ovviamente tutte menzogne.