La carriera di ogni giocatore è caratterizzata da momenti chiave, flash che ne caratterizzano l’immagine agli occhi della gente e che si sedimentano nella memoria collettiva. Quando il calciatore non è un semplice calciatore, ma uno dei talenti più fulgidi che si siano mai potuti ammirare nella storia del calcio italiano, ecco che gli episodi non sono più semplici frame, ma pagine del mito da consegnare alla storia.

Nell’epopea calcistica di Roberto Baggio, la ricerca del lemma “calci di rigore” restituisce due momenti simbolo: l’ultimo, in ordine di tempo, lo vede con la testa china, le mani appoggiate ai fianchi e una maglia azzurra fuori dai pantaloncini. Ha appena tirato in cielo un rigore, il rigore, nella finale dei Mondiali di Usa ’94 e sullo sfondo giocatori brasiliani esultano. Il primo era stato poco più di 3 anni prima, con addosso la maglia della Juventus nel suo ex stadio, il Franchi di Firenze. In Fiorentina-Juventus del 6 aprile 1991, al 5′ del secondo tempo, l’arbitro Lo Bello di Siracusa decreta il calcio di rigore in favore dei bianconeri. Baggio non va sul dischetto, in quello che passerà alla storia come “il gran rifiuto”, uno dei momenti iconici del calcio anni ’90.

La cessione: dalla Fiorentina alla Juventus

Sul perché Baggio non si incaricò di tirare quel calcio di rigore, e se effettivamente di un rifiuto si trattò, si è scritto molto: decisione sua? Del suo allenatore? Scelta tecnica ponderata già prima della gara? Per capire il modo in cui quell’evento maturò bisogna innanzitutto partire dal contesto: nel 1990 Baggio è il giovane più promettente del calcio italiano, un Mondiale sta per consacrarlo al grande palcoscenico internazionale (2 gol per lui a Italia 90, di cui uno memorabile alla Cecoslovacchia) e gioca in una città che lo ama: Firenze. L’amore è naturalmente ricambiato.

Nonostante l’attaccamento ai colori, nel maggio dello stesso anno, sembra tutto fatto per il passaggio del fantasista al Milan, ma un terremoto sta per scuotere il suo percorso. A raccontarlo, anni dopo, sarà il suo procuratore di allora Antonio Caliendo, che alla Gazzetta dello Sport dirà: “Eravamo in un albergo vicino a quello della Juventus, che la sera dopo avrebbe giocato la finale di ritorno di Coppa Uefa contro la Fiorentina. In hotel eravamo io e l’amministratore delegato del Milan, Galliani. Avevamo trovato l’accordo per il trasferimento di Baggio in rossonero. Era tutto fatto, anche se solo sulla parola. Galliani mi invitò ad andare ad Arcore a formalizzare tutto con il presidente Berlusconi”. Ecco però che la situazione si ribalta: “In mezzo ricevetti una chiamata di Montezemolo per nome dell’Avvocato Agnelli. Mi disse che sarei dovuto partire per Roma perché Fiorentina e Juve avevano trovato a loro volta un accordo per la cessione di Roberto. ‘Sappiamo dell’intesa con il Milan, vi riconosceremo lo stesso trattamento’, mi disse. Fui ricevuto ugualmente da Berlusconi e gli spiegai la verità: lui e Galliani furono due signori, mi dissero che comunque mi ero comportato in maniera eccellente. Il problema successivo fu convincere Baggio. Quando gli spiegai come stavano le cose, disse solo: ‘È una tragedia’ ”.

Quella che allora a Baggio sembrò una tragedia si compì di lì a poco, con la sua cessione per 25 miliardi di lire (un’enormità per l’epoca) alla Juventus: la piazza calcistica fiorentina, sentitasi tradita, esplose in giorni di proteste. E’ sempre Caliendo a raccontare: “Mi ricordo ancora la scena: quando Baggio passò dalla Fiorentina alla Juventus, in conferenza stampa, davanti ai giornalisti gli misero al collo la sciarpa bianconera e lui la gettò via. Fu un gesto imbarazzante. Io dissi che il ragazzo andava compreso: era come se avessero strappato un figlio alla madre. Ammetto che, quella volta, rimasi molto colpito anch’io”. La chiave di tutto la darà Baggio stesso: “Lasciare Firenze fu un peso enorme. Io non avrei voluto andarmene, eppure mi sentivo colpevole per quello che stava accadendo”. E così, poco meno di un anno dopo il numero 10 torna a Firenze, da avversario: è il 6 aprile 1991.

Fiorentina-Juventus 1-0: Baggio non calcia il rigore

La Fiorentina vince 1-0, grazie alla rete siglata al 41′ del primo tempo da Diego Fuser. L’episodio che potrebbe cambiare le sorti di una gara sentitissima da entrambe le parti giunge al 5′ del secondo tempo: fallo in area, proprio su Baggio, che è il rigorista designato, ma il numero 10 non va sul dischetto. A presentarsi dagli 11 metri è, invece, De Agostini, che si fa parare il tiro dal portiere viola Mareggini. Luigi Maifredi, l’allora tecnico bianconero, dirà: “A decidere che il rigore non lo calciasse Baggio ma De Agostini fui io. Il giorno prima Roberto mi aveva spiegato che Mareggini era stato suo compagno di rieducazione dopo l’ infortunio. In attesa di rientrare, passava ore a tirargli rigori. Ricordo anche il numero che fece, mi disse ‘gliene avrò calciati ottomila’, Matteo di me sa tutto. Designare De Agostini era quindi la scelta più giusta, ma siccome quando una cosa deve andar male non ci sono santi, Gigi lo sbagliò”.

Al 19′ della ripresa Baggio viene sostituito e uscendo dal campo raccoglie una sciarpa viola piovuta dalle gradinate. Il Franchi impazzisce, diviso tra chi vede un avversario e chi, in quel gesto, un giocatore con un’altra maglia ma che non ha dimenticato Firenze.

La storia del rigore non calciato si trascinerà per gli anni successivi, in cui Roberto Baggio vincerà in bianconero una Coppa Uefa nel 1992-93, anno in cui si aggiudicherà il Pallone d’Oro, fino alla stagione 1994-95, quando il destino metterà di nuovo il Divin Codino con un pallone in mano sul dischetto del Franchi: questa volta il 10 bianconero lo calcerà, segnandolo e, per alcuni, chiudendo idealmente un cerchio.