Un metodo da sempre infallibile per capire l’impatto che un giocatore ha sulla propria epoca è piuttosto elementare nella sua banalità: guardare i ragazzini giocare. Le maglie che indossano, le movenze sul campo, le esultanze. Sul finire degli anni ’90, i campetti di provincia restituivano doppi passi alla Ronaldo, esultanze alla Batistuta e punizioni… ebbene le punizioni erano di due categorie a seconda dello stile: la prima era “alla Del Piero”, per coloro i quali disponessero di un piede dotato della giusta grazia per provare a disegnare la tipica parabola del 10 bianconero. La seconda tentava di emulare quella di uno dei numeri 3 più forti della storia del calcio: Roberto Carlos.

Palla a terra, si cercava la valvola e giù una staffilata d’esterno per cercare di dare l’effetto a giro al pallone. Effetto Magnus si chiama. Il ragazzino medio questo non lo sapeva, sapeva solo che un giocatore brasiliano, una sera del 1997, aveva fatto una cosa inspiegabile. 3 giugno ’97, Francia-Brasile, amichevole: al 22′ una punizione da 35 metri per i sudamericani. Se ne incarica Roberto Carlos: arretra di 18 passi, corre verso il pallone e boom! Il bolide che esplode a 137 chilometri orari, inarcandosi verso l’esterno per poi rientrare nello specchio della porta, infilandosi all’incrocio dei pali, con Fabien Barthez immobile, entra nell’immaginario di ogni appassionato e battezza Carlos come l’Hombre Bala, l’uomo proiettile, per la sua potenza oltre che per la velocità della sua corsa.

Al di là di quel gol, che divenne un instant-classic, il suo posto nella storia del calcio Roberto Carlos da Silva se lo sarebbe conquistato di lì a poco. Nel giugno del 1997 il brasiliano aveva appena concluso la sua prima stagione in Spagna, vincendo la sua prima Liga, con la maglia del Real Madrid, a cui era approdato dopo essere stato venduto dall’Inter, in quella che diventerà famosa come una delle più grandi cantonate mai prese in una cessione di mercato: il tecnico nerazzurro Roy Hodgson, ritenendolo “tatticamente indisciplinato”, gli preferisce Alessandro Pistone, che gli avrebbe offerto maggiori garanzie dal punto di vista difensivo, e autorizza la cessione del brasiliano al Real di Fabio Capello per 7 miliardi di lire.

Pochi giorni dopo quel mitico calcio di punizione Roberto Carlos conquista col Brasile la Coppa America. L’anno successivo vince col Real Madrid Champions League e Coppa Intercontinentale. E’ l’inizio di una carriera leggendaria: nel 1999 il bis in Coppa America e nel 1999-2000 il Real alza nuovamente al cielo la Champions, in finale con il Valencia. Poi la Liga e la Supercoppa di Spagna. Nel 2000 Florenino Perez viene eletto presidente del Real e ha un solo obiettivo: fare dei Blancos la squadra più forte del mondo. Gli spagnoli vinceranno ancora la Champions nel 2001-2002, in finale contro il Bayer Leverkusen, partita che fu teatro, tra l’altro, di un altro gol iconico di quegli anni, quello di Zinedine Zidane al volo da fuori area, rete di cui Roberto Carlos fu l’autore dell’assist.

Roberto Carlos è al suo apice: universalmente riconosciuto come il terzino di spinta più forte del mondo, unisce corsa, potenza, trazione offensiva e capacità di copertura. Oltre ad una propensione per il gol atipica per un difensore (in carriera segnerà più di 100 gol). José Luis San Martín, ex preparatore atletico del Real Madrid racconta così le doti del giocatore: “Roberto Carlos era un vero velocista: nei 100 metri era fenomenale. Una volta gli dissi che secondo me avrebbe fatto più di 11 secondi e lui, dopo un allenamento, si propose: ‘proviamo adesso ok?’. Io gli dissi ‘ma ti sei appena allenato, non va bene’. Lui provò lo stesso e fece 10.8: un tempo impressionante!”.

Nell’estate del 2002 giunge la consacrazione nell’olimpo degli eroi brasiliani, quando con la Seleçao vince la Coppa del Mondo ai Mondiali in Corea del Sud, il quinto sigillo per la nazionale verdeoro.
Tornerà dai mondiali portando con sé la coppa e un compagno in più per una rosa che sarebbe diventata stellare: Ronaldo ‘il fenomeno’. Con Roberto Carlos, Zidane, Raul, Figo e l’anno successivo Beckham, il Real diviene la squadra dei Galacticos. Il terzino brasiliano si piazza secondo nella corsa al Pallone d’Oro (che va proprio a Ronaldo) e vince nuovamente Liga e Supercoppa di Spagna. I fasti di inizio millennio non si ripeteranno e seguiranno 4 stagioni senza successi, fino al 2006-2007, anno dell’ultimo campionato vinto con la camiseta blanca. Chiuderà la carriera andando prima in Turchia, al Fenerbache (con cui si aggiudicherà la Supercoppa di Tuchia nel 2007 e 2009), poi al Corinthians, all’Anzhi in Russia e infine al Delhi Dynamos nel campionato indiano. Fa parte della ristrettissima cerchia di calciatori (sono solo 26) che hanno disputato più di mille partite in carriera. Con 1132 gare giocate occupa la quarta posizione, preceduto solo da Xavi (1133), Rogerio Ceni (1234) e Peter Shilton (1390). Ora è dirigente calcistico e commentatore tv e oggi compie 47 anni.