Pochi giocatori, nel calcio del nuovo millennio, hanno saputo impattare sul campionato italiano con la stessa stessa forza prorompente, la stessa classe e più velocemente di quanto sia stato in grado di fare Ricardo Izecson dos Santos Leite, in arte, Kakà. Arrivato in Italia con il classico profilo del calciatore sudamericano dalle belle speranze che bene aveva fatto in patria, ma il cui adattamento al calcio europeo rappresentava una totale incognita, il trequartista brasiliano ha impiegato meno di una stagione per fugare ogni dubbio sulle proprie qualità e placare i risolini levatisi al suo arrivo a causa del suo soprannome (celebre la battuta di Luciano Moggi, allora Direttore Generale della Juventus, che commentò il suo acquisto ironizzando: “Io uno con un nome così non lo prenderei”). Arrivato al Milan nell’estate del 2003, fu presto chiaro a tutti che la maglia 22 rossonera era sulle spalle di un futuro fenomeno: i 6 trofei conquistati nei 6 anni trascorsi nel capoluogo lombardo, con la Champions League del 2006-2007 come punto più alto della sua esperienza rossonera, saranno la conferma.

La carriera e i successi con il Milan

Quando Kakà arriva al Milan, all’inizio della stagione 2003-2004, è uno dei giovani profili più interessanti del calcio brasiliano: nei due anni passati al San Paolo, società nella quale è cresciuto e che nel 2001 lo aveva promosso in prima squadra, si è messo in mostra per le sue qualità tecniche e l’esplosività delle sue accelerazioni palla al piede. La sua prima stagione da professionista è di livello tale da convincere il Commissario Tecnico della nazionale verdeoro, Felipe Scolari, a convocarlo per la spedizione ai Mondiali in Corea del Sud, in cui il Brasile si laureerà Campione del Mondo per la quinta volta nella propria storia. In quella edizione Kakà disputerà una partita, quella del primo turno vinta 5-2 contro la Costa Rica.

Nel 2003 passa dal rossonero del San Paolo a quello del Milan, che su segnalazione di Leonardo lo acquista per 8,5 milioni di euro. Il suo arrivo a Milanello è il quadro dell’essenza di Kakà: un ragazzo con la faccia d’angelo capace di trasformarsi una volta entrato sul terreno di gioco. Una trasformazione che lascia di sasso anche il suo tecnico di allora, Carlo Ancelotti, che nel suo libro descrive così i primi giorni del giocatore: “Quando lo vidi la prima volta mi misi le mani nei capelli: occhialini, pettinatissimo, faccia da bravo ragazzo, solo non vedevo la cartella con i libri e la merendina. Oddio, abbiamo preso uno studente universitario. Benvenuto all’Erasmus. Finalmente un bel giorno si presentò da noi per allenarsi. Prima domanda che avrei voluto fargli: ‘Hai avvertito papà e mamma che oggi non vai a scuola?’ Poi però è sceso in campo e… Apriti cielo. Ma apriti per davvero… Con il pallone tra i piedi era mostruoso. Uno dei giocatori più forti che abbia mai allenato”.

Della stessa opinione un altro fuoriclasse che con Kakà ha condiviso un triennio, Andrij Shevchenko: “Mai avevo visto un giocatore così perfetto. Dopo un solo allenamento ho capito che questo era un ragazzo speciale: ha cambiato la marcia del Milan e la nostra storia”.

Entra da subito nel vivo dei meccanismi di gioco del Milan e nella prima stagione colleziona 45 presenze: il primo dei 14 gol stagionali lo segna il 5 ottobre 2003, all’Inter, in un derby in cui il Milan si impone per 3-1, grazie ai gol di Inzaghi e Shevchenko, oltre che del brasiliano. La stagione sarà una cavalcata trionfale verso il 17esimo Scudetto rossonero.

La stagione successiva si apre con la vittoria della Supercoppa Italiana, ma verrà ricordata per l’epilogo, ovvero la storica rimonta subita in finale di Champions League da parte del Liverpool: quella era stata l’edizione della conferma delle qualità di Kakà in campo europeo, decisivi i suoi assist sia nei quarti di finale contro l’Inter, sia nella doppia semifinale contro il PSV Eindhoven.
Nella finalissima di Istanbul il Milan si porta avanti per 3-0, gol di capitan Maldini e doppietta di Crespo, ma i Reds rimontano nella ripresa, andando poi a vincere ai calci di rigore.

La Champions League e il Pallone d’Oro

Il 2005-2006 non porterà trofei, ma i 19 gol segnati nella stagione sono il preambolo a quanto succederà l’anno successivo, il migliore di Kakà tra quelli passati in Italia: con 10 gol in 13 partite è l’uomo decisivo per la conquista di un’altra finale di Champions, stavolta ad Atene, nuovamente contro il Liverpool. Resta impressa nella leggenda la doppietta inflitta al Manchester United in semifinale. La ricorderà così uno dei suoi avversari di quella sera, Ryan Giggs: “Se mi chiedete un giocatore che mi ha fatto innamorare, per la sua classe, eleganza e personalità dentro e fuori dal campo, vi dico Ricardo Kakà. Era la semifinale di andata all’Old Trafford, quella sera era imprendibile, aveva quel tocco di magia in più che in serate come quella fanno la differenza. Non lo avevo mai visto giocare dal vivo fino a quel momento”.

Alza al cielo la Champions League il 23 maggio 2007, con il Milan vittorioso sul Liverpool per 2-1 (doppietta di Pippo Inzaghi). Chiude il suo anno perfetto segnando nella finale della Coppa del Mondo per Club, vinta dal Milan contro il Boca Juniors per 4-2, e aggiudicandosi il Pallone d’Oro.

In rossonero trascorre altre 2 stagioni, fino a quando, nell’estate del 2009, il Milan accetta l’offerta del Real Madrid di oltre 67 milioni di euro, per portare il fuoriclasse in Spagna. Con i Blancos in 4 anni vincerà una Liga, una Coppa di Spagna e una Supercoppa di Spagna, senza però ripetersi sugli standard tenuti al Milan, a cui farà ritorno per una stagione nel 2013-2014, prima di tornare oltreoceano per chiudere la carriera con le maglie di San Paolo prima e Orlando City poi, nella MLS americana.

Il 17 dicembre 2017 Kakà lascia il calcio giocato ed entra nella cerchia degli atleti ricordati come tra i più forti del calcio contemporaneo. Oggi compie 38 anni.