René Higuita compie 54 anni. Personaggio iconico del calcio anni ’90, è divenuto celebre per il suo comportamento eccentrico dentro e fuori dal rettangolo di gioco, oltre che per il suo modo totalmente atipico di interpretare il ruolo del portiere: numero uno goleador (in carriera ha segnato oltre 40 gol su calcio di punizione, una sua specialità) e per il “colpo dello scorpione”, la parata effettuata lasciando scorrere il pallone dietro la schiena e colpendolo con la suola della delle scarpe.

Higuita, un portiere che gioca coi piedi

Higuita nasce a Medellín, in Colombia, il 27 agosto del 1966. La sua vicenda ricalca quella di molti giocatori sudamericani partiti da una condizione di povertà e saliti alla ribalta internazionale: il bambino, senza padre, perde anche la madre dopo pochi anni, e cresce con la nonna materna, alternando lavori umili alla pratica del calcio. Gioca in attacco, nella squadra del suo quartiere: è dotato di buona tecnica e il mestiere del calciatore sembra essere scritto nel suo destino. Il destino, però, lo farà arrivare a destinazione attraverso un’altra strada: leggenda narra che in una partita di esibizione, di fronte agli osservatori dell’Independiente Medellín, il portiere della squadra di cui Renè era prima punta dovette uscire dal campo a causa di un infortunio. Higuita è tra i più agili, quindi si fa carico di infilare i guantoni e prendere posto tra i pali. Quel giorno si rende protagonista di una partita spettacolare e la sua vita cambia per sempre.

Esordisce nel calcio professionistico colombiano con la maglia dell’Atletico Nacional, squadra di Medellín, dove si impone per il suo gioco totalmente anti-convenzionale: gioca fuori dai pali, si prende il rischio del dribbling sull’attaccante, è l’uomo del primo passaggio. Per tracciare un parallelismo con il calcio contemporaneo, l’attitudine all’avvio dell’azione che Higuita mostrava in quegli anni è accomunabile alla tendenza dei portieri dei giorni d’oggi, specie quelli delle squadre il cui canone di gioco si basa sull’impostazione dal basso (Neuer, Ter Stegen, Ederson), ad essere responsabili dell’avvio dell’azione.

Francisco Maturana, l’allora tecnico dell’Atletico Nacional, capisce di avere un talento tra i pali e lo responsabilizza in questo senso. Permette ad Higuita non solo di prendersi la libertà del gioco coi piedi fuori dai confini dell’area, ma gli affida anche i calci di punizione. La responsabilizzazione da parte del tecnico esalta il numero 1 colombiano, che insieme alla propria squadra, nel 1989, vive l’apice della propria carriera, con la vittoria della Coppa Libertadores.

La finale contro i paraguaiani dell’Olimpia Asunciòn è uno show totale di Higuita: para 4 rigori, ne segna uno e per la prima volta un club colombiano si aggiudica il più importante trofeo continentale sudamericano. Un anno più tardi arriva ad un passo dalla Coppa Intercontinentale, ma si arrende al Milan di Sacchi, che vince 1-0 con gol di Evani all’ultimo minuto dei supplementari.

La sua epopea calcistica lo porterà anche in Europa (in Spagna nel Real Vallaodolid), senza grandi fortune, per poi fare ritorno in Sud America, in un girovagare tra Colombia, Messico ed Ecuador.

I suoi soprannomi: el Loco e lo Scorpione

I due episodi che lo renderanno celebre, e contribuiranno ad affibbiargli due dei suoi soprannomi, li vive con la maglia della nazionale colombiana. Il primo, quello che cementifica l’appellativo di “El Loco” avviene ai mondiali del 1990 in Italia: Higuita è protagonista di un torneo disputato su ottimi livelli ed è, insieme a Carlos Valderrama, destinato a diventare uno dei simboli dei Cafeteros. La Colombia giunge fino agli ottavi di finale, contro il Camerun, e qui il Loco scrive un pagina che lo consacra, suo malgrado, come icona di quel Campionato del Mondo: nei tempi supplementari, spintosi ben oltre la propria area di rigore palla al piede, si fa rubare la sfera sulla trequarti da Roger Milla, che segna a porta vuota. E’ una beffa, il lato oscuro di un portiere da cui nessuno avrebbe saputo cosa aspettarsi.

Nessuno lo ha mai saputo, cosa aspettarsi, esattamente come nel 1995, sempre con la maglia della Colombia, in un’amichevole contro l’Inghilterra, quando el Loco diventa el Escorpión, lo Scorpione: Jamie Redknapp tenta un pallonetto dalla distanza, Higuita lascia che il pallone lo superi e lo colpisce con i piedi dietro la schiena, inarcandosi come il pungiglione di uno scorpione. Un colpo certamente più coreografico che efficace, ma che diventa subito un classico. “Da anni lo provavo in allenamento e quella sera, senza pensare che fossi a Wembley, finalmente vidi arrivare la palla che avevo sempre aspettato. Non ebbi alcun dubbio e mi buttai. Fu la parata più bella della storia del calcio”, dirà Higuita tempo dopo su quel gesto.

Dopo il ritiro si è dedicato alla vita da allenatore, diventando preparatore dei portieri per il Real Valladolid, l’Al-Nassr e l’Atletico Nacional.