“Ricordati che il calcio è semplicità”. Agostino Di Bartolomei l’ha inserita per ultima, questa, nell’elenco delle 10 regole del suo Manuale del calcio, un decalogo di consigli da lui stilato per piccoli calciatori “sia che abbiano le doti, la volontà e la fortuna di andare avanti in questo splendido sport, sia che nella loro vita poi facciano altro”. C’è molto del campione giallorosso nella scelta dell’ultima voce dell’elenco, posizionata in un posto che insieme al primo è il migliore per fare sedimentare un concetto. La ricerca di una semplicità spesso irraggiungibile è stato un tratto chiave nella vita sportiva di Ago, come lo chiamavano i suoi tifosi: era semplice il suo modo di giocare, pragmatico ed elegante, e il modo il cui ha saputo farsi apprezzare da chi allo Stadio Olimpico ne ha intonato il nome dal 1976 al 1984.

Una semplicità che spesso stonava nell’ambiente calcistico, un mondo in cui era visto come personaggio troppo schivo e ritroso, probabilmente perché tanto distante dallo stereotipo del calciatore tutto sorrisi, lusso e bella vita, canonicamente dipinto nell’iconografia sportiva.

Un‘introversione e una riservatezza che, da chi non ne comprendeva la natura, a volte veniva confusa come presunzione: “Quanto alla presunzione – dirà lui stesso – credo mi abbia giocato un brutto servizio il fatto che mi piace studiare ed aggiornarmi, interessarmi di tutto. Mi piace anche la letteratura: italiana, russa, romanesca. Sono un cultore appassionato di Trilussa e di Belli, autore di poesie bellissime e tristi al tempo stesso, che hanno il pregio di descrivere con impietosa precisione l’anima del romano. E non è vero che il romano sia un allegrone: è soprattutto triste perché è consapevole della sua decadenza dai tempi in cui dominava il mondo ad oggi”.

La carriera: lo Scudetto e la finale di Coppa dei Campioni

Quella di Agostino Di Bartolomei è la storia di un uomo che ha realizzato il proprio sogno sportivo: giocare nella squadra del proprio cuore. Nato a Roma, l’8 aprile 1955, cresce nel settore giovanile giallorosso e nel 1972 esordisce in prima squadra. Colleziona 21 presenze prima di essere mandato in prestito alla Lanerossi Vicenza per fare esperienza in Serie B, nel 1975. Nella capitale farà ritorno la stagione successiva, dopo avere disputato un ottimo campionato nella serie cadetta (33 presenze e 4 gol per lui all’età di 20 anni). Inizia qui la sua avventura con la Roma: gioca a centrocampo (inizia avanzato, verrà negli anni arretrato in posizioni di impostazione e infine come libero) e si inserisce da subito nei meccanismi della squadra, ritagliandosi un posto da titolare fisso. Sul finire degli anni ’70 ottiene i gradi di capitano e nella stagione 1979-80 conquista il primo trofeo, con la vittoria della Coppa Italia in finale ai rigori contro il Torino. Alzerà nuovamente al cielo la coppa anche l’anno seguente, sempre contro i granata, e segnerà in finale (anche questa gara verrà risolta ai calci di rigore, dopo l’1-1 nei tempi regolamentari).

L’apice della carriera giunge però due anni più tardi nella stagione 1982-83 con la conquista dello Scudetto, 41 anni dopo l’ultimo titolo giallorosso, diventando così “il capitano del secondo Scudetto”. A seguito della vittoria del campionato, la Roma si qualifica per la Coppa dei Campioni dell’anno successivo, una competizione che segnerà in maniera indelebile la vita di Di Bartolomei: la squadra di Nils Liedholm galoppa fino alla finale con il Liverpool, che ha luogo proprio a Roma, allo Stadio Olimpico. Anche questa partita arriva ai calci di rigore: Di Bartolomei si incarica di calciare il primo e lo segna. La serie di rigori, però, non sorride alla squadra della capitale, che di fronte ai propri tifosi vede svanire la vittoria. Vince il Liverpool, la Roma è battuta.

Questa sconfitta segna uno spartiacque nella vita di Di Bartolomei, che in rotta con la dirigenza romanista lascia la Roma (dopo 214 presenze e 49 gol) e approda al Milan, il primo di Berlusconi, dove ritrova sulla panchina dei rossoneri Liedholm. Agostino resterà a Milano per 3 stagioni (identica permanenza del tecnico, che lo aveva accolto di buon grado per affidargli le chiavi del centrocampo), prima dell’esperienza al Cesena, nel 1987-88, e la chiusura della carriera in Serie C, nella Salernitana. Correva l’anno 1990.

Il ritiro e gli ultimi anni lontano dai campi

L’allontanamento dal calcio diviene con gli anni sempre più netto, la distanza dai campi sempre più dolorosa. A descrivere il momento sarà un suo celebre amico, quell’Antonello Venditti che ad Ago dedicherà la canzone “Tradimento e perdono”: “Col passare del tempo l’ho sentito sempre più disincantato, triste, pensieroso, solitario, con una tendenza a darsi per vinto a causa di tutti gli ostacoli che bloccavano i suoi sogni. A uno come Di Bartolomei la popolarità e il riconoscimento della bravura dovevano servire più per affrontare il dopo, che non durante la carriera; invece, più si allontanava il periodo delle sue giocate che infiammavano gli stadi, più diventava difficile per lui essere riconoscibile. Lui questo non riusciva ad accettarlo né a comprenderlo, e a quel punto, l’isolamento, che all’inizio era stata una scelta, ha cominciato a pesargli. Tant’è vero che tornava sempre più spesso a Roma e, pur con l’estrema riservatezza che ha sempre avuto, tentava di dare qualche cenno di sé”. Un isolamento e una solitudine che il 30 maggio del 1994 ebbero il sopravvento: a 10 anni esatti dalla finale di Coppa dei Campioni persa a Roma, Agostino Di Bartolomei decide di andarsene per sempre. Oggi avrebbe compiuto 65 anni e lo celebriamo con quei suggerimenti ai giovani calciatori da lui stilati. Il primo, come l’ultimo, racconta molto della sua persona: “Nessuno può vincere da solo”.

Il “Manuale del Calcio” di Agostino Di Bartolomei

1) Il calcio è un gioco di squadra. Nessuno può vincere una partita da solo.
2) Impara le regole del calcio, soltanto conoscendole perfettamente potrai esprimere al meglio il tuo talento.
3) Sii leale con l’avversario. Non entrare mai in campo con l’intenzione di far male a qualcuno… Divertiti. Il calcio è allegria.
4) Abbi il massimo rispetto nei confronti dell’arbitro e dei guardalinee: ricorda che anche loro possono sbagliare in quanto non è facile amministrare una partita.
5) Alimentati in modo equilibrato. Nutrirsi bene non significa mangiare troppo, ma mangiare con criterio scegliendo cibi ad alto valore nutritivo.
6) Ricorda sempre che prima di essere un calciatore devi essere un atleta, la condizione fisica nel calcio è fondamentale.
7) Il grande capitale di un calciatore è il suo corpo. Abbine cura, concediti il riposo necessario per recuperare le energie spese quotidianamente.
8) Di ogni infortunio dovrai parlarne sia al massaggiatore che al medico della società oltre che al tuo allenatore. Non nascondere nulla per piccolo che ti possa sembrare l’inconveniente.
9) Dopo l’allenamento e la partita fai una doccia ristoratrice e asciugati bene…Tratta i tuoi piedi esattamente come fa un pianista di professione con le sue mani.
10) Ricordati che il calcio è semplicità.